ITALINGLISH: l’Inglese degli Italiani!

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In uno dei primi articoli che avevo scritto qualche anno fa per il mio blog, avevo affrontato il tema della conoscenza della lingua inglese, giungendo alla conclusione che un uso appropriato di essa si rivela (in specie allorquando si oltrepassano i confini nazionali), uno strumento indispensabile per relazionarci meglio con gli altri, aiutandoci a comprendere meglio il loro punto di vista, superando pregiudizi e diffidenze reciproche.

Credo non occorra essere un sociologo di professione per concordare sul fatto che qualora si viaggi senza conoscere le lingue, il cammino per le strade del mondo risulti assai meno interessante ed interattivo, se non, addirittura, problematico ed impervio.

Tuttavia, avendo viaggiato abbastanza, mi sono spesso chiesto quale fosse l’arcano motivo per cui gli Italiani, in linea generale ed a prescindere dal loro livello culturale, qualora siano chiamati ad affrontare una conversazione persino elementare e di pochi minuti con un interlocutore straniero, si scontrino puntualmente con l’annoso problema della barriera linguistica.

Il fenomeno risulta di difficile interpretazione, tanto più che a noi Italiani ci si può dir di tutto, magari arruffoni, approssimativi, disorganizzati, ma certamente non difettiamo in socievolezza, creatività e, soprattutto, lasciatemelo dire… intelligenza.

Se quindi, in barba ad una nostra naturale apertura mentale, è divenuta ormai proverbiale nel mondo la nostra idiosincrasia nei confronti della lingua di comunicazione internazionale, le ragioni vanno ricercate altrove.

Navigando sul Web vi sarà certamente capitato di imbattervi su alcune delle innumerevoli pagine (talune divertenti, altre, forse, un po’ meno) in cui, più o meno bonariamente, siamo messi alla berlina a causa della nostra enorme difficoltà ad esprimerci correttamente nella lingua anglo-sassone.
In tal senso, decisamente esilarante ed emblematico è un popolarissimo video che gira ormai da parecchi anni su YouTube e che vi invito caldamente a vedere: “the italian man who went to Malta”.

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In tempi più recenti, le esibizioni improbabili di molti nostri politici (Salvini, Renzi, Di Maio…) che, con una buona dose di faccia tosta, sfoggiano in giro per il mondo un inglese a dir poco maccheronico, hanno cominciato a diffondersi su larga scala in rete, divenendo, in breve tempo virali… una sorta di “cult” per gli amanti del genere.

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Negli anni, studiando con attenzione il fenomeno, sono giunto alla conclusione che, non potendo essere una questione meramente “intellettiva”, evidentemente il problema sta tutto nell’approccio metodologico allo studio delle lingue straniere che, nel nostro Paese, risulta assolutamente obsoleto ed inadeguato (i modesti risultati ne sono prova inconfutabile!).

Dirò di più: la nota dolente non è grammaticale, bensì fonetica! L’alfabeto inglese ha 26 lettere (cinque in più del nostro) e più di 45 suoni (molti dei quali non trovano un riscontro nella lingua italiana), Appare evidente che bisognerebbe cominciare a lavorare da lì, piuttosto che incartarsi in astruse regole grammaticali, spesso invise agli stessi sudditi di sua Maestà.

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Se non applichiamo la regola del “genitivo sassone” o del “third conditional” vi assicuro che qualunque madrelingua inglese ci capirà perfettamente; viceversa, se cominciamo a storpiare oltremodo il suono delle lettere, non ci capirà più nessuno…

E’ fondamentale prendere coscienza del fatto che la pronuncia di una lingua straniera si può anche “stiracchiare” un po’, ma non si può esagerare, perché al di là di un certo limite tollerabile si diventa incomprensibili! Se ci pestiamo sotto i piedi le più elemetari regole fonetiche, non solo non siamo compresi dagli Inglesi ma, cosa ancor più grave, non saremo nemmeno in condizione di riconoscere parole che pensavamo di conoscere ma, pronunciate dai madrelingua e nella giusta maniera, giungono alle nostre orecchie nuove e, quindi, incomprensibili.

La verità sconcertante a cui sono giunto dopo aver osservato per anni le “esibizioni linguistiche” degli italiani all’estero, che perseveravano tutti quanti, sempre e comunque, negli stessi errori fonetici a prescindere dalle aree geografiche di provenienza, è che a scuola NON CI VIENE INSEGNATO L’INGLESE, bensì l’ITALINGLISH, una terza lingua diversa dall’Italiano e diversa dall’Inglese, con le sue bizzarre regole e la sua discutibile reinterpretazione delle lingue di riferimento da cui, molto liberamente, trae fonte di ispirazione.

A titolo meramente esemplificativo (gli esempi sono davvero innumerevoli…), una delle prime regole fantascientifiche dell’ITALINGLISH, che a molti di noi è stata propinata fra i banchi di scuola, è quella secondo la quale in Inglese la vocale “A” si pronuncerebbe con il suono alfabetale italiano della “E”: non c’è nulla di più falso, siamo stati raggirati e continuiamo ancora oggi a pagare il prezzo di quell’ignobile raggiro!

Nella stragrande maggioranza delle possibili combinazioni , qualora inserita sia all’inizio che all’interno di una parola, la mitica “A” viene pronunciata dagli Inglesi con un suono molto aperto, assai simile alla maniera in cui la pronunciamo nella nostra lingua.

In un certo numero più limitato di casi la “A” si pronuncia come la nostra “O” (p.es.: in “want”, “talk” o “wall”).

Solo in casi sporadici viene pronunciata con il suo suono alfabetale originario inglese “éi” (p.es.: in “angel” o in “alien”) ed in casi ancor più eccezionali con il suono “E” (prevalentemente in quelle parole in cui la “A” è seguita dalla “i” o dalla “y” come, ad esempio in “ray” o in “train”).

Non mi dilungherò oltremodo sulla questione, poiché non è questa la sede adatta. Mi limito a dire che gli Italiani hanno fatto diventare quest’ultima eccezione una sorta di regola generale e pertanto, ogniqualvolta si imbattono in una parola che contiene la “A”, si ostinano a pronunciare la fatidica prima lettera dell’alfabeto con il suono “E”, andando incontro ad una serie di equivoci linguistici.

Se per dire “cattivo” (in Inglese “Bad”) diciamo “bed” anziché “Bad”, stiamo dicendo tutt’altra cosa, stiamo dicendo “letto”; il lampo della macchina fotografica (in inglese “Flash”) si pronuncia proprio così come si scrive, e cioè “Flàsh”: se diciamo “flèsh” gli inglesi equivocano e intendono “carne”.

Credetemi: se alteriamo il suono di una vocale, non è per una sorta di snobismo tipicamente “british” se poi ci guardano interdetti… letteralmente, non capiscono che cosa stiamo cercando di dire!

D’altro canto, anche nella lingua italiana le cose stanno, più o meno, allo stesso modo; prendete ad esempio, la parola “pazza”, modificando il suono della prima vocale, otterremo cinque distinte parole, tutte di senso compiuto, una diversa dall’altra: “pazza”, “pezza”, “pizza”, “pozza”, “puzza”. Siete ancora convinti che gli Inglesi siano così “snobbish” quando non afferrano il senso di ciò che diciamo?

Come scrivevo sopra, l’elenco degli strafalcioni fonetici di cui noi Italiani ci rendiamo inconsapevoli artefici è incredibilmente lungo, ma la colpa non è imputabile a noi, bensì ad un sistema che non funziona affatto. La lingua inglese ha le sue regole che possono apparire astruse agli italofoni; tuttavia, ritengo che fra i banchi di scuola avremmo avuto il diritto di esserne portati a conoscenza. Invece, inspiegabilmente, le regole vere ci sono state sottaciute e, di contro, hanno piantato nelle nostre menti una serie di regole inesistenti da cui, ancor oggi, fatichiamo a liberarci.

Non è così difficile spiegare ad uno studente che la lettera “R” in inglese non si pronuncia, o meglio, risulta “allofona”, poiché scompare, lasciando dietro di sé, come unica traccia della sua esistenza, un impercettibile allungamento della vocale che la precede. Non ricordo alcun insegnante che mi abbia mai insegnato questa semplicissima ma indispensabile regoletta che aiuta moltissimo a capire e ad essere capiti dagli inglesi: “car” si pronuncia “Kaa”, “Water” si pronuncia “Uòtaa”, e via discorrendo…

Non mi sembra particolarmente problematico rendere noto che nella lingua inglese (quasi sempre), quando la lettera “B” è preceduta dalla “M” oppure (sempre), quando è seguita dalla lettera “T”, diventa muta. Alla luce di quest’altra semplice regola fonetica, giusto per fare qualche esempio, “bomb” (bomba) si pronuncia “bòm..”, “comb” (pettine) si pronuncia “kòm..”, o ancora, “plumber” (idraulico) si pronuncia “plàmee”, “debt” (debito) si pronuncia “dèt”, “doubt” (dubbio) si pronuncia “dàut”.

Per quale ragione a scuola non si insiste a dovere sul fatto che la lettera “H” (salvo rarissime eccezioni) non è muta come in Italiano, ma va fortemente aspirata? Nella frase “I hate my teacher” se non faccio sentire a sufficienza l’aspirazione della parola “hate”, crederò d’aver detto che non mi piace il mio insegnante, mentre in realtà avrò detto d’essermi mangiato il mio insegnante… sostanzialmente avrò asserito d’essere un cannibale!

E se ci avessero detto che la lettera “W” non è una “doppia V” (come erroneamente la chiamiamo noi Italiani), bensì una “dàbliu” (letteralmente double-u), cioè a dire una “doppia U”? Forse avremmo finalmente capito come pronunciare Woman (donna): “Uùman” con la “u” iniziale allungata, e non, invece, tristemente “vuman”, come ho spesso sentito dire in giro…

Sempre a proposito della “W” nessun insegnante si è mai degnato di dirci che, qualora questa lettera è presente all’interno di nomi che indicano località geografiche, diventa muta, non si pronuncia affatto.

Quanti di voi, per indicare il mitico “Meridiano Zero” di Greenwich dove si trova il famoso Osservatorio astronomico di Londra, pronunciano “Grìinuic” (o peggio ancora “Grìinvic”) anziché “Grènic” (come invece andrebbe fatto), visto che la doppia “e”, nella fattispecie, fa eccezione e si legge come una sorta di “i” breve molto aperta (praticamente come una “e” italiana), la “w” (per le ragioni sovra indicate) non si pronuncia affatto, e infine, il “ch” finale suona come la “c” di cielo, con una vaga tendenza verso la “g” di gioco?

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E quanti ancora pronunciano correttamente la parola “Report”, che in Italia, è diventata così popolare da intitolarci persino un programma della testata giornalistica del TG3? Per chi non ne fosse al corrente, la pronuncia “rèport”, che è tipica dell’ITALINGLISH, in realtà, non risulta comprensibile a nessuno, non appena si esce fuori dai confini italici, poiché l’unica maniera in cui i madrelingua inglesi pronunciano questa parola è: “(r)ipòo..t”.

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Probabilmente, se ce lo avessero detto, ci saremmo risparmiati un bel po’ di magre figure…

Ma in tutto questo pandemonio, la cosa davvero strana, per certi versi paradossale, è che noi Italiani, nonostante la nostra proverbiale difficoltà nell’approccio alle lingue straniere, tuttavia, forse per una sottile ed inconfessata sudditanza psicologica nei confronti degli altri, forse per esterofilia o per mero esibizionismo, introduciamo nel nostro lessico quotidiano, troppo spesso e con troppo entusiasmo, parole del vocabolario inglese di cui, magari, non conosciamo neppure il significato esatto.

Addentrandoci nei meandri dell’ITALINGLISH, scopriremo, ad esempio, che vi sono una serie di parole entrate a furor di popolo nel nostro vocabolario, che noi crediamo aver importato direttamente dalla lingua inglese, salvo poi scoprire che in Inglese quelle parole non significano nulla, sono letteralmente inventate da noi Italiani oppure, nella migliore delle ipotesi, hanno un significato completamente diverso da quello da noi attribuito.

Credetemi, l’elenco, ancora una volta, è sorprendentemente lungo: “footing”, “zapping”, “bancomat”, “autogrill”, “box”…

Ricordo ancora la faccia divertita di un ingegnere di Seattle appassionato di lingua italiana  quando un bel giorno mi disse (con mio sommo stupore) che in inglese “molestia” si dice “harassment”, mentre invece “mobbing”, almeno nella sua lingua madre, non significava nulla. Mi spiegò che, probabilmente il nostro “mobbing” derivava dalla parola “mob” che, ad ogni modo, in Inglese nulla ha a che vedere con le molestie, significando tutt’altro (“folla”, “calca”, “massa disordinata di persone”): rimasi di stucco, in Italia ci hanno scritto persino dei libri sul “mobbing”…

A mio giudizio, un uso inappropriato ed indiscriminato di parole straniere, oltre a non dare particolare lustro a colui che le utilizza, può essere un pericoloso segno rivelatore della mancanza di identità collettiva, della mancanza del senso di appartenenza alla cultura nazionale, di cui la lingua è espressione.

L’italiano medio, quindi, che oggigiorno parla sempre peggio la sua lingua, che infarcisce i suoi sproloqui con numerosi inglesismi ma che non è tecnicamente in grado di sostenere neanche pochi minuti di conversazione in lingua inglese, rischia di trasformarsi in una sorta di apolide del linguaggio, senza radici in patria e poco integrabile all’estero.

Negli anni ho riflettuto a lungo su tutte le problematiche correlate all’uso della Lingua inglese da parte di noi Italiani. Ho cercato di fare tesoro degli errori di cui mi sono reso conto, dando sempre meno spazio alle incrostazioni che mi portavo appresso dai tanti anni di scuola in cui credevo d’aver studiato l’Inglese e non, invece, il becero ITALINGLISH.

Ho cominciato a pensare sin da subito che ci sarebbe stata materia a sufficienza per scrivere un libro sull’argomento, un libro non solo per sorridere con un po’ di sana ironia sui nostri errori, ma anche per offrire delle semplici soluzioni all’annoso problema, un libro che avrebbe potuto fornire un piccolo aiuto in allegria… senza stress.

Avrei voluto trovare in libreria un libro di tal genere, chiaro e semplice ma, purtroppo, non l’ho mai trovato.

In commercio, vi erano solo astrusi e complicati libri di grammatica inglese, assai spesso scritti da autori inglesi, per nulla consapevoli delle difficoltà peculiari in cui si imbattono gli Italiani nell’approccio allo studio della lingua anglo-sassone, ovvero, in alternativa, vi erano anche degli inutili libretti ingannevoli scritti da autori italiani, che si prefiggevano di “vendere miracoli”, promettendo di insegnare la lingua inglese in sole ventiquattro ore. Nulla di più improbabile!

Avrei voluto ardentemente scovare da qualche parte e leggere avidamente quel libro che mi ero immaginato ma poiché, come dicevo, non l’ho trovato, quattro anni fa decisi di scriverlo di mio pugno.

Gli argomenti da trattare erano tutti ben saldi nella mia mente e così, le parole cominciarono a venir fuori più velocemente di quanto si potesse immaginare: in breve mi resi conto che il pensiero correva ancor più veloce delle mie dita sulla tastiera.

Di tanto in tanto, durante la stesura del libro, mi interrompevo scoppiando in fragorose risate, allorquando mi trovavo a descrivere paradossi ed equivoci linguistici di cui io stesso ero stato vittima o, comunque, testimone oculare.

Così è nato ITALINGLISH, il mio primo libro sull’argomento (seppur non l’unico…), ed il riscontro dei lettori è stato immediato ed anche sorprendentemente positivo: il libro, durante questi quattro anni (nella sua categoria d’appartenenza), è rimasto ininterrottamente ai vertici della classifica dei “Best Seller” di Amazon (ed a più riprese ha raggiunto anche la vetta assoluta).

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Ne sono state vendute migliaia di copie, specialmente nella sua versione e-book, per il quale, coscientemente, ho deciso di fissare il prezzo minimo di copertina consentito dall’editore multimediale. Tra le tante recensioni al libro, è possibile trovarne qualcuna in cui alcuni lettori si mostrano persino stupiti per il prezzo così basso…

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In verità, il mio intendimento non era meramente utilitaristico o commerciale, non era di guadagnare quanto più possibile a breve termine, sfruttando la scia: per fortuna, ho già un’attività lavorativa che nulla ha a che vedere con i libri e che mi permette di vivere dignitosamente (“vendere o no, non passa fra i miei rischi” diceva qualche tempo fa il buon Francesco Guccini…).

L’obiettivo precipuo era (e rimane) la divulgazione su larga scala del libro, con lo scopo di liberare definitivamente il campo dai pregiudizi dell’ITALINGLISH (di cui gli Italiani sono testimoni involontari nel mondo), pregiudizi duri a morire e che rappresentano la principale causa dell’abissale differenza tra il nostro Inglese e quello degli altri.

Spero di essermi avvicinato allo scopo: se così fosse, la gratificazione sarebbe di gran lunga più soddisfacente di qualunque lauto guadagno. D’altronde, l’accoglienza calorosa che è stata riservata al libro in questi quattro anni, credo vada interpretata proprio come il segno tangibile della bontà del prodotto. Penso di essermi mosso nella direzione giusta,  senza condizionamenti di sorta (tanto meno editoriali), anche a costo di far storcere il naso a qualche “addetto ai lavori”, in specie a quegli stessi insegnanti che, fra i banchi di scuola, provarono ad infondermi talune certezze assolute sulla lingua inglese, rivelatesi poi del tutto destituite di fondamento.

Diceva Bertrand Russel: “il problema dell’Umanità è che gli stupidi sono sempre sicurissimi su tutto mentre gli individui più intelligenti sono pieni di dubbi”.

Non sarà un caso ma, a prescindere dall’insegnamento dell’Inglese, i migliori insegnanti che ho avuto nella vita non sono stati quelli che hanno fornito una risposta certa ai miei dubbi, bensì quelli che hanno messo in dubbio le mie certezze…

Qualora foste interessati all’argomento, vi rimando alla lettura dell’anteprima del libro di cui si può fruire gratuitamente, cliccando nell’immagine sottostante: verrete indirizzati alla relativa pagina di Amazon e potrete prendere visione dei primi capitoli.

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Un abbraccio sincero e grazie di cuore 🙂
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31 pensieri riguardo “ITALINGLISH: l’Inglese degli Italiani!

  1. Bravo!! Grazie per la condivisione, penso che il tuo libro mi sarebbe senz’altro utile 😅

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    1. Grazie a te per esserti presa il tempo da dedicare alla lettura del mio articolo ed averne apprezzato i contenuti.
      Ciao 🖐

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  2. Sempre interessanti i tuoi articoli, buona domenica Giovanni 🙂

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    1. E tu sempre così gentile nei miei confronti e puntuale con i tuoi preziosi commenti.
      Grazie Simona e buona domenica anche a te 🙂

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  3. Io devo ringraziare ancora oggi la mia insegnante di inglese che partì subito dalla fonetica: prima di qualsiasi regola ci insegnò la pronuncia di una sfilza lunghissima di parole (elenco che ricordo ancora oggi a distanza di anni). Con lei si parlava solo in inglese e anche se all’inizio è stato difficile, ora le sono davvero grata.
    L’esempio di “I hate/ate my teacher” mi fa morire 😂

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    1. Ciao Silvia, puoi ben dire d’esser stata fortunata con la tua insegnante d’Inglese; il mio, invece, spiegava le lezioni in siciliano e una volta confessò di non aver mai messo piede in Inghilterra… 🤣
      Purtroppo, a giudicare dallo scarso livello di conoscenza generale, casi come quest’ultimo, a quanto pare, non rappresentano l’eccezione, ma la regola…
      Di recente leggevo che secondo un’inchiesta condotta da una nota testata giornalistica britannica relativa alla padronanza della lingua inglese fra i vari popoli del mondo, l’Italia occupa una posizione medio-bassa, in compagnia di altri Paesi quali Slovacchia, Costa Rica, Francia, Kazakistan e Guatemala.
      Io credo che in una società multietnica ed in rapida trasformazione come la nostra, se andiamo avanti così il rischio più serio sia quello di rimanere tagliati fuori dalle dinamiche sociali, culturali e lavorative 😭
      Un abbraccio

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  4. I see the “Amazon #1 Best seller” medal on the book! Congratulations!

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    1. Thank you so much!! I also want to express my sincere gratitude and heartfelt thanks to all the readers of my book, who gave me their valuable support and encouragment. It means a lot to me ❤

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  5. Martin Marshall 8 gennaio 2020 — 9:32

    hahaha! Italian who went to Malta is a great video! Sounds really funny!! It made me laugh so hard 😀
    BTW: Congrats for ITALINGLISH, it seems very interesting. Have you released an english version yet?

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    1. Unfortunately not yet! However, if you browse to AMAZON and look at my author’s page, you’ll see another book of mine that I’ve released in English, where I try to explain how to successfully learn whatever language you want to learn in a more simple, effective and enjoyable way.
      The title is: STRESS LESS AND SPEAK MORE 🙂
      I hope you enjoy reading it!

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  6. The Italian Man who went to Malta continua ancora oggi ad essere un video TOP!
    Purtroppo, i dati sono allarmanti… la scuola italiana non ha ancora capito quanto sia penalizzante l’inglisc!!

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    1. Hai proprio ragione! Il dato più allarmante è proprio l’apparente totale mancanza di consapevolezza…
      Viene quasi da chiedersi: non si è realmente capito quanto siano inefficaci ed obsoleti i metodi di insegnamento tradizionali propinati nelle nostre scuole, o non c’è, invece, un disegno chiaro e preciso di dirottare la gente verso ben più performanti corsi di lingue a pagamento gestiti dai privati?

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      1. Io propendo per la prima ipotesi, anche giudicando da come vengono insegnate materie come storia e letteratura italiana. Il nostro Ministero dovrebbe rimboccarsi le maniche per attualizzare il tutto… non dico di togliere l’insegnamento di fondamenti come la Divina Commedia o il Rinascimento italiano, ma se invece che coprire a malapena la Seconda Guerra Mondiale e fermarsi a Pirandello riuscissimo ad approfondire anche la Storia più recente forse i ragazzi sarebbero anche meno sperduti nel giudicare ciò che gli accade intorno ogni giorno…

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      2. Concordo sul fatto che non ci può essere ipotesi progettuale senza una chiara conoscenza delle dinamiche che hanno caratterizzato il nostro recente passato.

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  7. Io pensavo che questa situazione fosse la più tragica, poi ho abitato in Francia… e ho scoperto che lì è anche peggio! Ciao Giovanni! 🙂

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    1. Ciao Lucy e grazie per il tuo intervento che risulta quanto mai gradito considerando che tu, oltre ad essere vissuta in Francia, adesso vivi da tempo in Australia, e quindi meglio di chiunque altro sei ben consapevole di quanta fatica debbano fare, in genere, gli Italiani in un Paese anglofono, prima di approdare ad una reale integrazione linguistica, proprio a causa della conclamata inefficacia del nostro sistema scolastico.
      A proposito di Australia: ho sentito degli incendi che purtroppo in questi giorni stanno devastando alcune regioni del Paese (che peccato!). Non ricordo quale sia la città dove vivi… spero, comunque, che dalle tue parti tutto vada bene!
      Un abbraccio

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      1. Grazie per la risposta Giovanni… Sì, la situazione è tragica, io sto a Melbourne e gli incendi sono arrivati anche qui alle porte della città! 😱
        Comunque almeno gli anglofoni sono bravi e non ti correggono se sbagli ma fanno lo sforzo di capirti… I francesi neanche quello 😅

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  8. Ciao Giovanni, buon anno. È buon iniziare il anno nuovo con un altro dei tuoi meravigliosi articoli. Come sai sono inglese e sto imparando italiano. Ho letto il tuo libro “Italinglish” . Mi ha fatto ridere tanto sulla mia lingua madre. Il libro è un elemento essenziale per gli studenti italiani di inglese. Ora abbiamo bisogno di una versione per gli studente inglese che stanno imparando italiano . 🙂

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  9. Ricevere tanti complimenti sul mio libro da una madrelingua inglese come te è sicuramente la gratificazione più grande a cui potessi aspirare ❤
    La tua approvazione è il sigillo ufficiale sul fatto che (pur non avendo scoperto l'acqua calda) ho cercato di fare chiarezza, evidenziando delle semplici ed inconfutabili verità sull'uso pratico della lingua Inglese di cui nelle nostre scuole (incredibilmente!) non si fa alcun cenno.
    Diceva Einstein "è più facile spezzare un atomo che un pregiudizio" e così, riuscire a convincere i più ostinati assertori dell'Italinglish poteva diventare una missione complicata, in specie perchè queste osservazioni provenivano da un Italiano come loro e non, invece, da un madrelingua Inglese che, in quanto tale, sarebbe potuto risultare maggiormante credibile.
    Chissà… forse se mi fossi chiamato "Johnny Bird" anzichè Giovanni Augello il compito si sarebbe rivelato un po’ più semplice 😉 ma sono davvero contento d'averci provato e d'aver ricevuto, lungo la strada, un numero sorprendente di consensi ed approvazioni da parte di tutti i lettori. Mille grazie!!

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  10. Ho letto anch’io Italinglish e confermo che il libro è straordinario nella sua semplicità! L’ho trovato utile e divertente e sono d’accordo con alcuni tuoi recensori di Amazon che sostengono che andrebbe divulgato fra tutti gli studenti delle nostre scuole. Imparerebbero la fonetica inglese… sorridendo 🙂

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  11. Ciao Amanda,
    Ti ringrazio non solo per aver letto il libro, ma anche per il tuo generoso commento. Troppo buona!

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  12. Grande Giovanni, mi hai aperto l’orizzonte!
    Ora finalmente capisco perchè Mike Bongiorno (te lo ricordi?) da buon madrelingua diceva sempre “Superflàsh” anzichè “Superflèsh”, mentre tutti quanti lo prendevano per il c***! Aveva ragione lui 🤣 🤣

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    1. E già! Aveva proprio ragione lui… 😀

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  13. Come ho scritto per la prima volta sul blog. In effetti, comprendere la lingua è molto importante.

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  14. How are you doing dear Giovanni? Love and prayers for the protection of all out there

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    1. I’m fine, Krishna,
      Thank you so much for your kind thought…
      Love and prayers for everyone, all around the world ❤

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  15. Molto interessante e approfondito. Il mio inglese è scolastico e invidio molto chi lo sa parlare bene. Buona giornata 🤗

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    1. Grazie cara,
      Buona giornata anche a te 🙂

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