Turchia

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La Turchia è uno scrigno di arte e cultura, coste spettacolari e panorami incantevoli. Da Istanbul ai paesaggi lunari della Cappadocia, dalle coste dell’Egeo alle vaste terre dell’Anatolia, il viaggio in Turchia ripercorre le orme di mercanti e antiche civiltà, fra città storiche, misticismo e insoliti scenari naturali.

L’impressione che ho ricevuto girando per quindici giorni in lungo e largo per il Paese, è quella di un popolo estremamente affabile, gentile e laborioso, un popolo che possiede un forte spirito di sopravvivenza, un popolo orgoglioso ed indipendente di carattere, ma, a tratti, indecifrabile e sfuggente. Ed è proprio questa loro innata caratteristica che, probabilmente, non mi ha mai permesso di capire, tutte le volte che sono entrato in contatto con qualcuno del luogo, se stesse indossando una maschera, se stesse recitando una parte interessata, oppure se fosse autenticamente sincero e disponibile. Il mio limite interpretativo, mi ha indotto, quindi, a gestire i rapporti sociali con un inevitabile pizzico di diffidenza.

Detto questo, non ho mai avvertito, in qualunque luogo della Turchia mi sia trovato, la benché minima sensazione di effettivo pericolo. La Turchia rimane, a mio giudizio, un Paese relativamente tranquillo: trasgredire le leggi, ovviamente, è temerario ma, considerando che non sono andato in Turchia per fare commercio di droga o di reperti archeologici, posso dire a gran voce di essermi sentito del tutto sicuro in questo splendido Paese, né più né meno di come mi sento sicuro ogni volta che mi trovo a calpestare il suolo di un qualunque Paese Europeo.

Durante il mio viaggio in Turchia, ci tengo a dirlo, non ho visto mendicanti: tutti, a cominciare dai ragazzi di strada che si offrono come lustrascarpe, fino ai vecchi che vendono cetrioli e frutta secca sui traghetti del Bosforo, hanno qualcosa da vendere; tutti, nel piccolo come nel grande, sono, a modo loro, imprenditori.

Istanbul rappresenta, ovviamente, il cuore di un viaggio in Turchia, ma a mio giudizio, andare in Turchia e limitarsi a vedere Istanbul, significa tornare a casa senza aver afferrato il vero volto di un Paese complesso, affascinante e controverso al tempo stesso.

Istanbul è l’unica città al mondo ad estendersi su due continenti (Europa ed Asia) collegati semplicemente da un ponte sul Bosforo. La città si muove, dunque, in continuo contrasto tra Est ed Ovest, tra laicismo e tradizione, tra voglia di modernizzazione e richiamo alle radici culturali e questo contrasto produce una tensione di sottofondo che, a volte, sembra rimanere sopita, ma di tanto in tanto prorompe anche drammaticamente nella vita politica e sociale.

Il mio viaggio itinerante in Turchia comincia proprio da Istanbul, con un aereo di linea della “Turkish Airlines” partito da Fiumicino a mezzodì di una domenica mattina e giunto all’aeroporto internazionale Atatürk, dopo quasi tre ore di volo.

La città (seppur caotica e confusionaria), si presenta subito ai miei occhi come un miscuglio davvero sorprendente di Storia, Arte e Cultura: e d’altronde è anche ovvio che sia così, per una città rimasta per più di mille anni al centro del mondo.

Il modo migliore di visitare tutti gli splendidi monumenti che si trovano nella città vecchia è  andare a piedi: le distanze sono, infatti, facilmente percorribili camminando, ed il paesaggio cambia frequentemente e piacevolmente, da strette strade lastricate ad ampi viali alberati.

La mia prima tappa è la Moschea Blu: la più importante moschea della città, così chiamata per le maioliche che ne rivestono le pareti interne, nelle diverse tonalità di azzurro e blu. La sacralità e la bellezza della moschea è accentuata dalle decine di lampade che scendono dall’alto a formare cerchi di luce particolarmente suggestivi.

A differenza di quanto accada in altri Paesi islamici, dove l’ingresso nei luoghi di culto è interdetto ai non musulmani, in Turchia, in genere, tutte le moschee, ivi compresa la Moschea Blu, sono liberamente visitabili da chiunque (indipendentemente dalla religione professata), a condizione di togliersi le scarpe e depositarle all’ingresso del tempio.

A seguire, visito la Basilica di Santa Sofia: costruita originariamente come chiesa Bizantina, la basilica divenne poi una moschea, ed infine, a partire dalla prima metà del secolo scorso, è stata trasformata in un museo, grazie alla volontà di Atatürk che ha deciso di renderla fruibile come patrimonio di tutti. Oggi, l’uso del complesso come luogo di culto (moschea o chiesa) è severamente proibito.

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Di particolare rilievo i mosaici cristiani, coperti col cemento durante il periodo in cui la basilica era adoperata come moschea e, in seguito, parzialmente recuperati all’antico splendore.

Per informazioni aggiornate sul prezzo del biglietto d’ingresso e gli orari delle visite, vi rimando al sito ufficiale in lingua inglese, cliccando qui.

Dopo una sosta per un pranzo a base di pesce in un piccolo ristorante nella zona portuale, mi imbarco su una dei tanti traghetti, per la classica crociera sul Bosforo. Con il vento in faccia, in un paio d’ore di navigazione ho modo di osservare la costa di Istanbul ed ammirare non solo i colori del mare e della vegetazione, ma anche i magnifici palazzi, sulle rive di entrambe le sponde, da una prospettiva assolutamente particolare. Il traghetto passa proprio sotto al ponte che separa l’Europa dall’Asia e confesso che, in quel preciso istante, provo una certa emozione…

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Istanbul non è solo cupole e sottili minareti, ma è anche aria speziata, colori e melodie esotiche e intriganti. Per questo motivo, il giorno seguente, di buon mattino, pianifico una visita al Gran Bazar, il mercato coperto più grande del mondo.

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Il Gran Bazar originariamente era dedicato solo alla vendita delle spezie. Ora la gamma di prodotti è davvero infinita. Accanto ai banchi di zafferano giallo, curry dorato, paprika, peperoncino, si trovano anche funghi curativi, tantissimi gusti di tè deliziosi, dolci di ogni varietà e persino souvenir e chincaglierie d’ogni genere.

La giornata prosegue con la visita al Palazzo Topkapi che domina il promontorio su cui si trova la vecchia Istanbul. Per quasi 400 anni, questo edificio fu il centro simbolico e politico dell’Impero Ottomano. Il palazzo, una volta dimora del sultano e del suo harem, oggi è un bellissimo museo. Decido di dedicare un intero pomeriggio alla visita, perché il palazzo offre davvero tanto e merita di essere visitato con calma.

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Il Tesoro del Topkapı conserva una collezione semplicemente incredibile di oggetti realizzati o decorati in oro ed argento, spesso incastonati con rubini, smeraldi, perle e diamanti. Il maggiore richiamo del Tesoro è il Pugnale del Topkapı e, nella stessa sala, si può vedere uno dei più grandi diamanti al mondo (da 86 carati), circondato da decine di diamanti più piccoli.

Ancora una volta, per le informazioni più recenti sui prezzi e gli orari del museo, potete cliccare qui e sarete rimandati al sito ufficiale.

Il mio tempo ad Istanbul finisce con la visita al Palazzo Topkapi: da questo momento mi attende un lungo tour che mi porterà alla scoperta delle meraviglie della parte asiatica di questo affascinante Paese. Attraverso quindi il Ponte sul Bosforo e, in un attimo, sono già in Asia. Prossima destinazione: Ankara, la capitale politica della Turchia.

Ad Ankara rimango solo un giorno. Ho quindi giusto il tempo per visitare il mausoleo di  Atatürk, il padre fondatore della Repubblica turca ed eroe nazionale, per aver avviato, fra l’altro, un radicale processo di modernizzazione del Paese. L’imponente monumento celebrativo costituisce uno dei simboli della Turchia, oltre a rappresentare uno dei più alti esempi dell’architettura moderna turca. All’interno del mausoleo è stato anche allestito un museo che presenta una vasta collezione di oggetti appartenuti al defunto leader, oltre ai suoi scritti e ad una carrellata di foto legate alla sua carriera politica, il tutto all’insegna del più classico “culto della personalità”.  All’uscita dal mausoleo, ho anche l’opportunità di cogliere al volo il momento del cambio della guardia.

In tarda serata decido di prendere un taxi e mi reco alla Torre Atakule che, con i suoi 125 metri d’altezza, è un simbolo della parte moderna della città. Durante l’ascesa fino al punto di osservazione, guardando dalle finestre dell’ascensore, vedo la città che si allontana progressivamente e lo spettacolo è decisamente suggestivo, con le luci puntiformi che brillano sullo sfondo delle montagne.

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Tuttavia, ciò che rimarrà impresso per sempre nella mia memoria di questa serata alla Torre panoramica di Ankara, non è lo spettacolare panorama della megalopoli vista dall’alto, bensì la folle corsa del tassista che percorre i quattro chilometri che separano il mio albergo da questa attrazione turistica, ad una velocità scriteriata, incurante del benché minimo rispetto delle più elementari norme di circolazione stradale, mettendo stupidamente a repentaglio  la vita delle persone a bordo di quel maledetto taxi…

Il giorno seguente parto di buon mattino con destinazione Cappadocia. Il territorio circostante è sempre più brullo e desolato, tuttavia estremamente suggestivo.

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Lungo la strada che da Ankara conduce a Konya, nel cuore della penisola Anatolica, c’è tempo per una sosta al lago salato che, per estensione, è uno dei più grandi laghi della Turchia.

Il lago ha una profondità di soli due metri e durante il periodo estivo, a causa dell’evaporazione dovuta al gran caldo, si “ritira”, lasciando una spessa superficie di sale su cui è possibile camminare. L’effetto è di un vero e proprio deserto bianco!

A mio avviso questa è una tappa a cui dedicare non più di trenta o quaranta minuti ma, tuttavia, è da non perdere per il fascino e l’unicità del luogo. A proposito: durante la mia sosta, l’unico essere vivente che incontro in loco è un serpente di notevoli dimensioni, potenzialmente pericoloso ma, di fatto, del tutto indifferente alla mia presenza.

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Il viaggio continua e, nelle prime ore del pomeriggio, arrivo nella sterminata valle di Göreme che è una delle grandi attrazioni della Cappadocia: il paesaggio, modellato dal vento e dall’acqua nel corso di milioni di anni,  mi lascia davvero di stucco. E’ una vasta area che definirei fiabesca, quasi irreale, fatta di torri, canyon, crepacci, pinnacoli e villaggi rupestri dai colori straordinari, che vanno dal rosso all’oro, dal verde al grigio.

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Nei cosiddetti “camini di fata“, stranissime formazioni laviche a forma di cono, si rifugiarono nell’antichità popolazioni eremite che scavarono nel tufo non solo le loro abitazioni, ma anche i loro luoghi di culto, alcuni dei quali splendidamente affrescati. La visita alle cosiddette “Chiese rupestri” è un momento di particolare emozione.

Ho tempo per visitare anche una fra le tante abitazioni scavate nella roccia, dove a tutt’oggi vivono, in condizione di estrema semplicità, umili famiglie. Lasciandomi trasportare dal pensiero, mi concedo persino il lusso di chiedermi come sia possibile vivere all’interno di questi anfratti: la domanda è talmente oziosa da non riuscire a trovare una risposta convincente ed esaustiva.

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Al’alba del nuovo giorno riprendo il mio cammino: anche questa sarà una giornata intensa, con tanta strada da percorrere e tanti incredibili luoghi da visitare.

Mi fermo per il pranzo in un caravanserraglio. In origine questi edifici erano adoperati per la sosta delle carovane che attraversavano le desertiche steppe dell’Anatolia centrale; oggi molti di essi versano in stato di abbandono; altri, invece, sono stati perfettamente ristrutturati e vengono utilizzati come strutture ricettive per rifocillare i turisti di passaggio. A dire il vero, ho la vaga sensazione che all’interno del mio caravanserraglio si respiri un’atmosfera un po’ finta, sembra quasi la ricostruzione di un set cinematografico. Il cibo comunque è buono…il prezzo (forse) un po’ meno!

Dopo pranzo arrivo nella città di Konya, una delle città più importanti dell’Asia minore, dove ho tempo per visitare il Mausoleo di Mevlana, il poeta mistico fondatore dell’ordine dei Dervishi rotanti, di cui parlerò più avanti.

Infine, giungo a Pammukkale, ma è ormai tardi, c’è solo il tempo di recarmi in albergo ed abbandonarmi ad un sonno ristoratore…per la visita delle terme più spettacolari al mondo, se ne riparlerà domani!

Pammukkale offre al visitatore uno spettacolo davvero unico: terrazze digradanti di bianco calcare simile al marmo, ospitano piccole e grandi piscine naturali di acque termali dove ci si può immergere ammirando un paesaggio da sogno. l’effetto è da lasciare a bocca aperta e, non a caso, il sito è stato dichiarato Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’UNESCO. Un luogo magico e terapeutico al tempo stesso… un luogo dove il benessere del corpo si fonde inevitabilmente con l’appagamento e con la meraviglia dello spirito.

Consiglio di arrivare al mattino presto: una levataccia val bene la pena, se si vuol godere in perfetta solitudine di un paesaggio così unico e raro. Io sono arrivato prestissimo e mi sono immerso con estremo piacere nelle tonificanti acque termali all’interno delle piscine; man mano che le lancette dell’orologio si spostavano verso le ore di punta, orde di turisti sbucavano da ogni dove, rendendo il luogo sempre più affollato e sempre meno poetico.

Mi fermo a Pammukkale un paio di notti. Da segnalare che da queste parti un po’ tutti gli hotel sono dotati di splendide piscine coperte, generalmente riempite con l’acqua termale: ciò significa che anche in albergo, qualora lo si desidera, vi è la sempre possibilità di abbandonarsi al piacere di un bagno rilassante e tonificante.

Dopo questa straordinaria tappa, mi rimetto in viaggio per altri duecento chilometri, al termine dei quali giungo, infine, ad Antalya, una cittadina adagiata sul Golfo di Adalia, lungo la costa meridionale della penisola Anatolica, considerata all’unanimità la capitale del turismo balneare della Turchia.

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Ad Antalya decido di fermarmi un’intera settimana per una parentesi all’insegna del totale relax, dopo un lungo viaggio itinerante che, seppur esaltante, ha comportato, comunque, un inevitabile dispendio di energie.

D’altro canto, come ho già scritto in un mio recente articolo pubblicato su questo stesso blog, la fatica costituisce un ingrediente imprescindibile in un viaggio esplorativo. Bisogna, quindi sfatare un luogo comune: il viaggio non può essere esclusivamente rilassante, la presunzione di onniscienza sorta con Internet ha generato l’erronea ed arrogante convinzione secondo cui lo sforzo fisico del viaggio è diventato superfluo. Il viaggio, invece, deve essere, in primo luogo, adrenalinico, deve mettere alla prova le nostre capacità fisiche e psichiche, deve essere supportato da quella forte spinta motivazionale che ci consenta senza rimorso, di disconnetterci dalla vita quotidiana e di vivere una sensazione di straordinaria libertà. Solo così facendo potremo dire di essere viaggiatori e non vittime compiacenti dell’industria del turismo. Ma questa è un’altra storia…

Nelle immediate vicinanze di Antalya, per l’esattezza a Kemer, alloggio all‘Hotel Kiris World,  una struttura magnificamente collocata in un’insenatura idilliaca, tra la montagna ed il mare; l’atmosfera è da favola, non manca davvero nulla: spiaggia attrezzata, tre piscine con idromassaggio, bagno turco a disposizione degli ospiti e persino le caprette che gironzolano liberamente per il parco, tra le siepi ed i viali fioriti.

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Al di là dell’aspetto meramente turistico, credo che Antalya meriti di essere visitata con calma per poter cogliere ed apprezzare il suo volto migliore. Consiglio, soprattutto di addentrarsi nella città vecchia dove, in una perfetta mescolanza tra nuovo ed antico, si possono ammirare numerose moschee, eleganti case ottomane, il porto romano, taverne e bei negozietti di artigianato locale.

Scopro alcuni degli angoli più belli e suggestivi del litorale, muovendomi a bordo di un caicco, una tradizionale imbarcazione di legno molto adoperata, da queste parti, per portare a spasso  turisti desiderosi di esplorare la regione in modo alternativo, partendo proprio dalla costa, anziché dall’entroterra.

L’occasione è gradita per fare un bagno paradisiaco nelle acque cristalline (la Turchia occupa costantemente le primissime posizioni nella speciale classifica delle “bandiere blu”) e per osservare a pelo d’acqua la “città sommersa“, vale a dire ciò che rimane di un antico insediamento di origine romana, scivolato in mare venti secoli fa a seguito di un terribile terremoto.

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L’ultimissima tappa di questo incredibile viaggio mi porta ad Aspendos, un’antica città della Pamfilia, nota per il suo teatro romano, che è uno dei più belli e meglio conservati al mondo.

Giungo ad Aspendos attraverso un percorso fatto in totale autonomia, in barba ad un operatore turistico italiano, conosciuto per caso nel mio albergo di Kemer che, venuto a conoscenza della mia intenzione di recarmi ad Aspendos, mi sconsiglia fortemente di intraprendere quel cammino in modo indipendente.

La strada, infatti, seppur caratterizzata da paesaggi di straordinaria bellezza, è polverosa e dissestata ed inoltre, è resa ancor più problematica dai numerosi check point della Polizia (perché proprio in quelle montagne trovano rifugio alcune cellule terroristiche dei “lupi grigi”).

Interpreto l’allarmismo dell’agente di viaggio come una sorta di sfida a superare il limite; mi dico: se costui sostiene che io non possa arrivare ad Aspendos, ciò significa che, in un modo o nell’altro, io ci arriverò!

Ed infatti, seppur col brivido, a causa di alcuni militari turchi che mi fermano lungo la strada per un semplice controllo di “routine”, che si rivela un po’ più complicato del previsto per un non ben precisato problema col passaporto, alla fine, comunque, arrivo ad Aspendos.

Vi è una ragione alla base dell’ostinazione che mi porta sin lì: nell’antico teatro si svolge una cerimonia dei Dervisci rotanti, monaci eremiti mediorientali di religione musulmana, che ricercano la comunione mistica con Dio mediante le loro danze volteggianti, le cui origini risalgono al basso Medioevo.

La parola “derviscio”, dal persiano antico, letteralmente significa “colui che cerca il passaggio attraverso il movimento”, ed è un passaggio che permette la trasposizione da una dimensione materiale ad una dimensione “metafisica”.

Chi come me ha avuto il privilegio di poter osservare dal vivo i dervisci rotanti, avrà percepito la grazia con cui volteggiano: dietro al loro incessante movimento circolare si cela tutto il segreto della loro filosofia di vita fatta di bontà, purezza e modestia, una filosofia che è finalizzata a raggiungere la pace interiore e l’armonia con il resto dell’universo.

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Questa stessa filosofia dovrebbe, a mio giudizio, contraddistinguere il vero viaggiatore: viaggiare, d’altro canto, è sempre una scuola d’umiltà, fa toccare con mano i limiti della comprensione e la precarietà degli strumenti con cui una persona presume di capire e giudicare gli altri.

E così, al termine di questo lungo ed affascinante viaggio che mi ha portato a scoprire le meraviglie di una terra incantevole e misteriosa come la Turchia, dopo aver effettuato un movimento circolare nello spazio geografico, comparabile a quello compiuto dai dervisci rotanti nello spazio metafisico, ritorno finalmente a casa, ritorno al luogo da cui ero partito, e guardo quel luogo, per la prima volta, con occhi nuovi, con occhi diversi, perché viaggiare significa anche tornare alla base ed imparare ad apprezzare meglio il luogo nel quale si vive.

Marcel Proust diceva: “Il vero viaggio di scoperta non consiste semplicemente nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”.

Il viaggio in Turchia, oltre ad avermi regalato incredibili emozioni, mi ha insegnato anche questo… ad avere nuovi occhi!

2 pensieri riguardo “Turchia

  1. Bell’articolo e foto stupende!

    Piace a 1 persona

    1. Grazie Luisa, apprezzo molto il tuo commento positivo!

      Piace a 1 persona

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