Marocco

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E’ inutile negarlo: ci sono alcuni luoghi che portano sulle spalle il fardello di innumerevoli stereotipi e pregiudizi che, a torto o a ragione, a volte ci entrano nella testa senza bussare, senza permetterci di ragionarci sopra…
Poi arrivi lì e ti si apre un mondo. Un mondo fatto di accoglienza e sorrisi, di persone che si fermano ogni qualvolta non riesci a trovare la strada. Un universo fatto di parole dette non necessariamente da chi mira a venderti qualcosa, ma da chi vede in te un ospite. Perché in Marocco l’ospitalità è sacra, intoccabile. E la parola “benvenuto”, non solo in francese ed in arabo, ma anche in inglese e persino in italiano, è senza dubbio il termine che è più spesso arrivato alle mie orecchie in quei dieci giorni trascorsi in Marocco.

Poi, naturalmente, c’è l’altra faccia della medaglia, fatta di bambini costretti a lavorare come schiavi o a chiedere l’elemosina per strada, di trappole per turisti, di scontrini col prezzo maggiorato, di effimero interesse travestito da falsa gentilezza…

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La medaglia ha sempre due facce: sta al viaggiatore decidere a quale delle due attribuire maggior valore!

Tecnicamente il viaggio in Marocco non è complicato da pianificare: qualora la permanenza non superi i novanta giorni, per noi italiani è sufficiente un semplice Passaporto in corso di validità e non occorre alcun visto.

E’ facile trovare sistemazioni in hotel di qualsiasi fascia ma, in alta stagione, è bene prenotare con un certo anticipo. Gli alberghi a cinque stelle, talvolta, ostentano un lusso esasperato; gli alberghi ad una o due stelle mostrano assai spesso, invece, i segni della fatiscenza e dell’estremo degrado: “In medio stat virtus” dicevano gli antichi…

L’assistenza sanitaria non è ovviamente coperta dalla nostra tessera sanitaria quindi, per i più prudenti, è consigliabile un’assicurazione di viaggio: tuttavia, persino il sito ufficiale della Farnesina, riconosce che non vi sono particolari rischi di contrarre malattie endemiche in territorio marocchino. Alcune semplici ed ovvie precauzioni (quali quella di non bere acqua dal rubinetto e bibite con ghiaccio ovvero evitare di mangiare frutta fresca ed insalate), possono metterci al riparo dai soliti banali problemi intestinali che, come sempre, affliggono i turisti più sprovveduti.

Come in qualunque altro Paese al mondo occorre un po’ di accortezza, un minimo di buonsenso e, soprattutto, bisogna rispettare la cultura locale:

  • camminare per strada in pantaloncini o, più in generale, in abiti succinti (sia per uomini che per donne) è considerato disdicevole e bisogna farsene una ragione;
  • l’assunzione di bevande alcoliche è proibita ai Musulmani: pertanto, l’uso dell’alcool in luoghi pubblici non è particolarmente gradito né diffuso nel Paese (anche se nelle località più turistiche è possibile trovare dei bar che ne somministrano la vendita a caro prezzo);
  • ricordatevi che non siamo allo zoo, quindi, prima di puntare l’obiettivo della macchina fotografica contro le persone bisogna sempre chiedere, con gentilezza, se sono disponibili a posare per noi e, in caso di diniego, è meglio non insistere;
  • abituatevi, dovunque andrete, alla presenza di perfetti sconosciuti che si improvviseranno come guide turistiche, proponendovi di accompagnarvi in giro per la città: molti di questi, alla fine, pretenderanno di essere pagati per cui, è meglio chiarire sin dall’inizio i termini della questione.

Al di là di questi piccoli accorgimenti, posso dire in tutta franchezza, di non essermi mai sentito in pericolo in giro per il Paese ed anzi, proprio nei luoghi meno battuti dai turisti, ho come avuto l’impressione che le persone divenissero, gradualmente, sempre più accoglienti e l’atmosfera si facesse, al contempo, più rilassante.

Il mio tour in Marocco, partendo dalla moderna e cosmopolita Casablanca, prevedeva la visita delle cosiddette “città imperiali”: Rabat, Meknes, Fes e Marrakesh attraverso un itinerario dal fascino senza tempo, ricco di spiritualità e di storia; un viaggio incredibile in una terra accogliente e stimolante, da sempre sospesa nell’immaginario collettivo tra mito e realtà, immersa in un’atmosfera misteriosa e leggendaria al tempo stesso.

Di Casablanca ricordo lo strano effetto che mi fece il contrasto tra le bidonville della sconfinata periferia ed i palazzoni moderni dei quartieri residenziali. E’ indubbiamente una città molto diversa rispetto agli altri maggiori centri del Paese, un po’ fuori dagli schemi tradizionali: è una capitale economica e finanziaria, sicuramente agli occhi del visitatore appare come la città più “europea” tra le varie città del Marocco.

Casablanca è una classica metropoli con gli stessi negozi e gli stessi caffè che si possono vedere a Milano o a Londra, gli stessi ristoranti e gli stessi locali, in orario aperitivo, pieni di uomini d’affari. Le ragazze con il velo a Casablanca sono poche, e sarà facile trovare donne al bar che sfoggiano abiti degni di via Montenapoleone. Da questo punto di vista Casablanca è la città meno “caratteristica” del Paese; eppure, proprio a Casablanca si trova una delle più grandi moschee del mondo arabo, la moschea di Hassan II, una struttura avveniristica, una grande opera di ingegneria costruita a due passi dal mare: a mio avviso vale davvero la pena di visitarla, anche perché è  l’unica moschea in Marocco visitabile anche dai non musulmani.

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Se Casablanca è la capitale finanziaria, Rabat è, invece, la capitale politica del Paese. Rabat colpisce per le imponenti mura che la circondano, intervallate da porte monumentali. da segnalare il Palazzo reale che, almeno dall’esterno, presenta una facciata spettacolare: purtroppo non mi è stato possibile visitarlo, i militari di guardia impedivano persino di avvicinarsi al Palazzo ed anche le foto erano interdette.

Meknes mi ha dato subito l’impressione di una città città molto piacevole, più piccola e tranquilla rispetto a Rabat. La chiamano la “città verde” perché è circondata da pianure fertili, punteggiate da oliveti e palmeti naturali (se avete sempre pensato che il Marocco sia solo deserto, montagne e aride pianure, beh, sappiate che vi sbagliate di grosso…). Punti di interesse della città: il souk coperto e la Medersa, una stupenda scuola coranica.

A brevissima distanza da Meknes, va segnalata l’area archeologica di Volubilis, dichiarata patrimonio mondiale dall’UNESCO, un’antica città romana di cui rimangono alcune vestigia, fra cui dei magnifici mosaici ed un arco trionfale, che testimoniano l’antico splendore. Attenzione al gran caldo: il sito è ubicato in una landa assolata ed afosa; nonostante abbia visitato Volubilis in pieno inverno, la colonnina del termometro quel giorno segnava trentasei gradi!

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Se Rabat è la capitale politica e Casablanca è considerata la capitale economica, la città di Fes è invece definita da molti come la capitale culturale del Marocco.

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La sua immensa medina è la più grande dell’intero mondo islamico. Un dedalo incredibile di vicoli e stradine, minuscoli negozietti di chincaglierie, bancarelle di ambulanti, botteghe di macelleria dove dietro il bancone razzolano galline che attendono solo di essere uccise in diretta sotto gli occhi degli avventori, scalpellini che incidono il marmo, antiche farmacie che espongono sugli scaffali enormi barattoli pieni di polveri colorate, artigiani che battono il rame: in questo labirinto è davvero molto difficile orientarsi. Dopo un po’ che si cammina tra quelle strette viuzze, si ha come l’impressione di essere stati sbalzati in pieno medioevo: tutto ci riporta ad un’età che credevamo scomparsa per sempre, e che invece qui conserva il suo volto più autentico e genuino.

Alla fine di questo suggestivo percorso a ritroso nel tempo, si giunge alle famose concerie, dove le pelli vengono ancora lavorate alla maniera tradizionale. Il più delle volte si finisce per accettare l’invito di uno sconosciuto a salire sulla sua terrazza di casa per osservare la scena dall’alto: ci viene dato un mazzetto di foglie di menta, ma solo dopo si capirà il perché.

Affacciandomi da una di quelle terrazze ricordo che apparve ai miei occhi una visione che definirei infernale. Decine di uomini impegnati in un lavoro massacrante: alcuni di loro erano immersi fino alla vita in vasche di acqua putrida e coloravano le pelli, altri si caricavano sulle spalle le pelli appena conciate, altri ancora, infine, sembravano solo osservare con passiva rassegnazione quel loro personale inferno, un inferno che neppure il più diabolico dei pittori sarebbe stato in grado di dipingere.

Tanneries of Fes, Morocco, Africa Old tanks of the Fez's tanneri

Non voglio proseguire oltre nella cruda descrizione e lascerò parlare un paio di immagini ravvicinate: tuttavia, affinché possiate arrivare adeguatamente preparati, mi limito solo a preannunciarvi che non appena le vostre narici verranno sorprese dalla mescolanza degli odori che si sprigionano non solo dalle pelli bagnate e messe a seccare al sole, ma anche dal tanfo dell’urina di vacca  usata per conciare quelle pelli, solo allora vi ricorderete del mazzetto di menta e ne capirete l’utilità…

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L’ultima delle città imperiali è Marrakech, conosciuta anche come la “città rossa”, per via delle mura d’argilla di color ruggine che la circondano.

Marrakech impone che voi possiate donarle una delle cose più preziose che possedete: il vostro tempo! Ve lo chiederà quando vagherete per le vie del souk ed i venditori vi chiederanno di entrare nei loro bazar per mostrarvi le loro mercanzie; quando sorseggerete il tradizionale tè alla menta che vi verrà puntualmente offerto da quegli stessi venditori, a prescindere dall’esito della compravendita (per loro il tè rimane ancora oggi una maniera disinteressata di manifestare la loro naturale predisposizione all’ospitalità); quando cercherete la strada per arrivare alla piazza e non la troverete; quando vi soffermerete a guardare affascinanti donne velate che decorano mani e braccia con tatuaggi all’henné; quando in un vicolo stretto vi farete da parte e cederete il passo ad uno dei tanti asinelli che da queste parti rappresentano un comune mezzo di trasporto per la gente del luogo.

Il cuore pulsante di Marrakech è piazza Djemaa el Fna dove ogni sera, tra i profumi di cibi speziati, le urla dei venditori ambulanti e l’eco di melodie esotiche che si diffondono al ritmo di tamburi incessanti, incontrerete acrobati, incantatori di serpenti, danzatrici del ventre, saltimbanchi, cantastorie, venditori d’acqua e persino dentisti ambulanti.

Una delle esperienze più coinvolgenti ed ipnotiche che si può vivere a Marrakech è quella di salire al tramonto sulla terrazza del Café de France che si affaccia sulla piazza, sedersi su un tavolino all’aperto e da lì, mentre si sorseggia qualcosa da bere, lasciarsi ammaliare dal suggestivo panorama. La vista che si gode da quella posizione privilegiata è davvero incredibile ed il meraviglioso mondo variopinto che si apre davanti ai vostri occhi vi trasporterà, come per incanto, verso una dimensione senza tempo. Non per niente questo spettacolo si ripete ogni sera, sempre uguale, da sempre… e non è un caso se l’intera Piazza è stata proclamata dall’UNESCO “Capolavoro del Patrimonio orale ed immateriale dell’Umanità”.

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E per finire, sfogliando l’album dei ricordi, è ancora vivido nella mia memoria lo sguardo profondo ed intelligente di Nurdìn, un piccolo venditore ambulante di specchietti colorati, conosciuto per caso, mentre passeggiavo per la kasbah di Marrakech.

Aveva non più di nove o dieci anni, probabilmente non aveva mai messo piede in una scuola, eppure parlava correntemente numerose lingue tra cui l’arabo (ovviamente), ma anche il francese, l’italiano, l’inglese e lo spagnolo. Per Nurdìn parlare, comunicare con la gente, significava “sopravvivere” e, pertanto, in virtù dell’enorme motivazione, aveva fatto dell’arte di saper parlare una reale tecnica di sopravvivenza.

Feci amicizia con lui, mi fece da guida per i vicoli della kasbah, mi raccontò di lui e dei suoi sette fratelli ed alla fine mi fece dono di sei specchietti colorati, presi tra quelli che teneva dentro lo zaino che portava in spalla. “Non voglio soldi per questi” disse, “tu amico e questo è un regalo”.
Dovetti insistere non poco per convincerlo ad accettare, in cambio, tre o quattro dollari; mi accompagnò sino a quando risalii sul bus che mi avrebbe riportato in albergo e sulla strada del ritorno, seguì di corsa il mio bus per qualche tornante, continuando a sorridere e ad agitare la sua piccola mano in segno di saluto.

Non l’ho più visto da allora ma, confesso che ogni tanto penso ancora a Nurdìn; oggi sarà un uomo e mi chiedo chissà se la vita gli ha dato in dono ciò che meritava di ottenere… ogni tanto ci penso, apro il cassetto della credenza di casa e riguardo ancora una volta quei sei specchietti colorati che custodisco come uno dei ricordi più preziosi della mia esperienza di viaggiatore.

2 pensieri riguardo “Marocco

  1. Beautiful photos and a great post!
    Brought back many memories of when I spent a month in Morocco back in 2011.

    Piace a 1 persona

    1. Thank you so much for your positive comment about my post: that’s very kind of you.
      Morocco is an incredible and fascinating Country, I think the colors and light are so powerful that it can be considered a real paradise for photographers.

      Piace a 1 persona

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