La Grecia mi riporta nostalgicamente indietro nel tempo. Non ancora ventenne, approdai per la prima volta sulla costa ellenica, sbarcato da un traghetto proveniente da Brindisi con destinazione Patrasso.
All’epoca dei fatti la Grecia, ancora lontana dalla gravissima crisi economica da cui è stata travolta nell’ultimo decennio, rappresentava un vero e proprio parco dei divertimenti per i giovani di tutta Europa. Si arrivava con una grande carica d’allegria: la marcia iniziava nel porto di Brindisi per poi generalmente proseguire nel Pireo, ed infine disperdersi verso una delle tante isole del mar Egeo. Ad attirare, non solo il mare, i monumenti antichi, la cucina locale, ma anche e soprattutto i prezzi, tra i più bassi del mondo occidentale.
Ancora oggi, naturalmente, la Grecia è meta di grande afflusso turistico, ma ho come l’impressione che, negli anni, si sia un po’ affievolita quella carica di sfrenato entusiasmo che i giovani di qualche tempo fa riversavano su questo Paese, entusiasmo che adesso, anche per effetto della globalizzazione, di Internet e dei voli low-cost, si è gradualmente spostato verso altre mete, un tempo economicamente inaccessibili ed oggi, invece, più facilmente abbordabili.
Come dicevo, dopo una traversata notturna, la mia prima tappa fu Patrasso, una città di medie dimensioni che mi diede subito l’impressione di non essere concepita come meta “turistica”, ma come semplice meta “di passaggio”. Il ricordo è un po’ flebile, lo ammetto: tuttavia ebbi la netta sensazione che oltre al porto, non ci fossero particolari attrazioni da vedere.
Spostandomi con la mia vecchia auto attraverso le strade tortuose e dissestate del Peloponneso, ebbi l’opportunità di notare un certo contrasto tra i centri balneari lungo la costa, baciati dal turismo, e le aree più depresse dell’entroterra. In alcune zone aride lontane dal mare, non c’era neppure la luce elettrica, ma era vivo il senso dell’ospitalità disinteressata verso i viaggiatori, soprattutto verso noi italiani. Più di una volta mi sentii ripetere la solita fatidica frase: “Italia…Grecia…una faccia una razza”.
Attraversato l’istmo di Corinto il passo fu breve per arrivare ad Atene: caldo torrido, traffico caotico, rumore e disorganizzazione. Capii subito di essere arrivato nel posto sbagliato o, forse, nella stagione sbagliata: probabilmente, se fossi arrivato in Autunno o in Primavera, la città sarebbe stata molto più vivibile ed avrei anche potuto cedere alla tentazione di avventurarmi alla scoperta di inediti quartieri cittadini che, di solito, non compaiono mai sulle cartoline turistiche, ma che non so bene per quale ragione, mi hanno sempre irresistibilmente affascinato.
Ovviamente non potei sottrarmi al “rito” dell’arrampicata sull’Acropoli con un’unica idea fissa: scappare il prima possibile da quell’inferno torrido!
Giunto sulla sommità della rocca, la prima cosa che attrasse la mia attenzione non fu il Partenone o il tempio di Atena Nike, bensì i venditori ambulanti di bibite ghiacciate. Una volta dissetatomi, apprezzai finalmente i capolavori del periodo d’oro della civiltà ateniese e finalmente, gratificato dalla vista invidiabile della città, di cui si godeva da quella posizione privilegiata, feci pace con me stesso.
Ad Atene rimasi qualche giorno, dormendo in uno spartano campeggio a pochi chilometri di distanza dall’aeroporto, con l’inevitabile disagio provocato dall’assordante rumore dei velivoli che atterravano a tutte le ore del giorno e della notte.
Mi spinsi sino a Capo Sounion, uno splendido promontorio roccioso sovrastato dal Tempio di Poseidone, da cui, se si arriva all’ora del tramonto, si può godere di una vista mozzafiato.
Lungo la strada, ad un distributore di benzina incontrai un motociclista napoletano che da più di un mese girava in solitudine in lungo e largo per la Grecia. Il ragazzo mi consigliò di abbandonare la penisola Attica e dirottare su Corfù, una piccola isola dello Ionio su cui faceva scalo gratuitamente la nave di ritorno, sulla tratta Patrasso-Brindisi. Accettai il suo consiglio e, due giorni dopo, mi trovai a Corfù.
Quest’isola risente più delle passate dominazioni veneziane, francesi ed inglesi che del suo attuale status di terra ellenica: anzi, ad onor del vero, in tutta l’isola non ho visto neppure un greco, erano solo turisti.
La cittadina principale, Kerkyra, è ancora avvolta dalle fortificazioni costruite dai veneziani. I palazzi, invece, sono, alternativamente, di stile inglese, veneziano e francese, mischiati a tal punto da creare una certa confusione.
In Luglio ed Agosto sbarcavano su quest’isola (e forse sbarcano tutt’ora) nugoli di giovani (soprattutto dal Nord Europa), che in lenta processione sciamavano in direzione delle spiagge. A mio giudizio l’incredibile popolarità di Corfù non poteva essere attribuita ad attrazioni vere e proprie ma, probabilmente, alla posizione geografica che la favoriva rispetto ad altre isole forse più interessanti. Anche le spiagge lasciavano molto a desiderare e forse, agli occhi di un siciliano come me, abituato per naturale privilegio ad un mare magnifico, quelle spiagge apparivano ancor più scadenti di quanto non fossero.
Ricordo solo una spiaggia degna di nota: Paleokastritza. Il luogo, da un punto di vista naturalistico è davvero molto bello, la strada per arrivarci decisamente impervia, le acque del mare, forse per uno strano gioco di correnti…gelide!
Insomma, per farla breve, se non siete particolarmente interessati a discoteche e sfrenata vita notturna, allora, in tutta franchezza, credo che vi possiate tranquillamente risparmiare questa tappa a Corfù.
In tempi più recenti sono tornato in Grecia, per l’esattezza a Creta: il mio personale giudizio su quest’incantevole isola è estremamente positivo.
Creta è la più grande isola della Grecia e separa il Mar Egeo dal Mar Libico; sostanzialmente segna il confine fra l’Europa e l’Africa. Quest’isola è di una diversità sorprendente, il paesaggio varia di continuo: coste frastagliate ed irraggiungibili si alternano ad interminabili spiagge di ghiaia o di sabbia, altipiani squarciati da gole profonde sfociano in fertili pianure, villaggi immersi nel verde contrastano con lande desolate; lungo la strada incontrerete casupole di sassi e monasteri abbarbicati su alture, castelli diroccati e chiesette sconsacrate. Se volete scoprire i segreti di Creta, i suoi angoli più reconditi, consiglio vivamente il noleggio di un’auto.
Vi sono molte agenzie e prezzi diversificati: per la mia esperienza, vi dico di diffidare dalle tariffe più economiche. Mi sono rivolto ad una sconosciuta compagnia di noleggio del posto, ho pagato poco (anzi pochissimo), ma mi hanno rifilato un’auto che dava l’impressione di cedere da un momento all’altro (per fortuna, comunque, la piccola utilitaria, tra un sobbalzo e l’altro, ha resistito sino alla fine del viaggio).
Nel nord dell’isola le strade sono buone ed asfaltate: sul litorale settentrionale, assolutamente da non perdere una visita al Palazzo di Cnosso che secondo la leggenda fu fatto costruire dal re Minosse, per rinchiudervi il mostruoso Minotauro (quello del filo d’Arianna, per intenderci).
Se avete tempo, suggerisco anche una sosta ad Aghios Nikolaos, un piccolo paesino di pescatori che, nonostante l’afflusso turistico, conserva ancora un fascino tranquillo, con un mare pulito e tavolini romantici davanti al porticciolo. In uno di questi ristorantini ho consumato un gustoso fritto misto di calamari e gamberi…
Lasciando Aghios Nikolaos, subito all’uscita dalla città e poco prima di arrivare al villaggio di Kritsà, vi è un cartello che indica la strada per la Panagia Kerà: vi consiglio di percorrere quel sentiero pietroso perché alla fine, in mezzo agli ulivi, troverete una chiesetta bianca e molto suggestiva, decorata al suo interno con bellissimi affreschi. La deviazione vale veramente la pena!
Proseguendo il percorso verso l’estremo lembo orientale dell’isola, dopo circa due ore di guida, tra tornanti e strade dissestate, mi si è aperto all’improvviso dinanzi agli occhi uno scenario naturale che non dimenticherò mai più: la strada attraversa, infatti, il più grande palmeto naturale d’Europa e, dopo alcuni chilometri, le palme conducono direttamente alla spiaggia di Vai, da molti considerata come una delle meraviglie di Creta.
Negli anni settanta Vai era il paradiso degli hippy: oggi gli hippy non ci sono più e, al loro posto, sono arrivate orde di turisti da tutta Europa; tuttavia il posto, su un piano naturalistico, rimane estremamente suggestivo e, a mio avviso, merita senz’altro di essere visitato.
Seguendo verso sud il litorale roccioso, si arriva nella parte meridionale dell’isola, le cui coste sono bagnate dal Mar Libico. A mio giudizio, per gli amanti del mare questo versante è assolutamente da preferire a quello settentrionale: da queste parti, infatti, i turisti sono rari e la natura si mostra ai pochi visitatori nella sua bellezza più selvaggia. Lungo il cammino ci si imbatte di frequente in calette nascoste e quasi deserte che invitano a fermarsi per un bagno tonificante. Nella piccola spiaggia di Agia Fotìa, nella più totale solitudine, decido di fare un tuffo, immergendomi in un’acqua pura e cristallina: una sensazione fantastica…
Il racconto della mia esperienza di viaggio a Creta si chiude con la visita del monastero di Monì Kapsa. Partendo dall’omonima spiaggia di Kapsa ed avventurandomi con l’auto lungo una ripida strada in salita e non asfaltata, dopo circa cinque o sei chilometri giungo ad un monastero incastonato in una scogliera a picco sul mare.
Busso alla porta e mi apre una religiosa che, a quanto mi dice, è l’unica rimasta ad abitare in quell’eremo. L’anziana donna si dimostra molto loquace anche se la conversazione è resa difficile dalla barriera linguistica: percepisco il suo piacere nel raccontare e rimango garbatamente ad ascoltare. In fondo, una conversazione non è fatta solo di parole, ma anche di sguardi…di espressioni del viso. Costeggiando a piedi un’impressionante gola, a strapiombo sulla scogliera, mi avvicino alla grotta nella quale pare vivesse un monaco che la gente del luogo venera come una specie di santo. Infine, prima di andare definitivamente via da quel luogo intriso di fascino e misticismo, ritorno sui miei passi per porgere il mio saluto alla suora che, con un sorriso, mi offre in dono alcuni santini con immagini sacre.
Mi rimetto in macchina e mentre mi allontano rivolgo per l’ultima volta il mio sguardo a quel monastero a picco sulla scogliera e penso d’aver vissuto, in quel caldo pomeriggio di fine estate, una delle pagine più significative nella mia esperienza di viaggiatore.
Di Cnosso ricordo la luce accecante, il caldo secco, la magia tutt’intorno.
"Mi piace"Piace a 1 persona
Ciao Stefi,
per una casuale coincidenza anch’io, ripensando alla visita al Palazzo di Cnosso, ricordo in maniera nitida il gran caldo, l’azzurro del cielo completamente terso e l’atmosfera quasi surreale che pervadeva magicamente il sito archeologico. In buona sostanza, ho provato esattamente le tue stesse sensazioni 🙂
Buona giornata e grazie per essere passata dal mio blog.
"Mi piace""Mi piace"
Andrò in Grecia per la prima volta a settembre, per la precisione a Zante..mi sarebbe piaciuto fare un giro più ampio, ma quest’anno mi dovrò accontentare.. Leggere delle tue avventure mi ha fatto venire ancora più voglia di partire!! Un abbraccio 🙂
"Mi piace"Piace a 1 persona
Ciao Rebecca,
Ti ringrazio per il graditissimo commento. Neanch’io sono mai stato a Zante (un tempo Zacinto) ma l’isola mi evoca ricordi lontani, quando studente liceale, preparavo gli esami e, studiando i sonetti di Foscolo, mi affascinava la descrizione che il poeta faceva della bellissima isola natìa che si specchiava “nell’onde del greco mar…”
Sono certo che farai un’esperienza esaltante: viaggiare è sempre una grande opportunità per ampliare le proprie conoscenze ed allargare l’orizzonte!
Un abbraccio anche a te e buon viaggio
"Mi piace""Mi piace"