Croazia

La Croazia ormai da decenni rappresenta una delle più classiche mete di viaggio per un numero sempre crescente di turisti che arrivano non solo dall’Italia, ma anche dal resto d’Europa. Il Paese offre infatti ai visitatori stranieri chilometri e chilometri di costa, lambiti da un mare azzurro e cristallino, ma anche storia, cultura e bellezze naturalistiche; basti pensare, ad esempio, al celebre Parco naturale di Plitvice.

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Su un piano politico, oggi la Croazia è una stabile repubblica autonoma ed indipendente ma, al tempo in cui mi recai in viaggio in quella Terra, le cose stavano in modo assai differente. Giovane studente universitario, arrivai, infatti, in quel Paese, giusto un paio d’anni prima che una sanguinosa e devastante guerra civile scoppiata nei Balcani non provocasse la disintegrazione dell’allora Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, un Paese del blocco comunista che adesso non esiste più e di cui la Croazia era parte integrante, insieme a Serbia, Montenegro, Slovenia, Bosnia e Macedonia.

Fatta questa doverosa premessa e considerato che, da allora, non sono mai più tornato in quei luoghi, appare evidente che la mia esperienza risulta troppo datata per poter essere utile a chi sta cercando, in vista di un eventuale imminente viaggio sull’altra sponda dell’Adriatico, notizie ed informazioni pratiche sufficientemente aggiornate. Tuttavia, condividerò ugualmente, con tutti coloro che vorranno leggere, il mio racconto di viaggio, scavando un po’ nella memoria e recuperando alcune delle emozioni più belle legate al ricordo del mio soggiorno nella costa dalmata.

La mia permanenza durò quasi un mese: all’inizio dormivo, insieme ai miei compagni di viaggio, in spartani campeggi che a quel tempo venivano gestiti direttamente dallo Stato socialista; successivamente, approfittando della galoppante e, direi, incredibile inflazione giornaliera della moneta locale e della conseguente ipervalutazione della lira italiana, prendemmo in affitto, a prezzo di saldi, una panoramica villetta a due piani con vista sul mare che, con il compiacente assenso degli stessi proprietari, subaffittammo parzialmente a due uomini di una certa età, entrambi originari dell’ex-Cecoslovacchia, esuli negli Stati Uniti ormai da tanto tempo, dove, per vivere, gestivano un casinò a Las Vegas.

Conclusi la mia esperienza in terra slava nella bellissima città di Dubrovnik, conosciuta anche come la “perla dell’Adriatico”, in virtù di uno splendido mare prospiciente le sue coste e di un incantevole centro storico nominato, peraltro, Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’UNESCO.

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Famosa per le sue antiche mura che circondano e proteggono la “Stari Grad”, Dubrovnik conserva ancora traccia evidente dell’influenza che subì, nel corso della storia, da parte della potente Repubblica di Venezia, non solo nello stile architettonico di alcuni antichi palazzi che si affacciano sulla Placa Stradum (la piazza principale dove assai spesso ciondolavamo durante le nostre interminabili serate), ma persino in alcune parole del dialetto locale che richiamano immediatamente alla mente il dialetto veneziano. La città è davvero ricchissima di Chiese, Monasteri, musei, ma a quel tempo, colpevole la nostra giovane età, il nostro interesse, ad essere sinceri, era prevalentemente rivolto ai localini ed alle discoteche di cui la “perla dell’Adriatico” era altrettanto ricca.

Dal porto di Dubrovnik, a poca distanza dai Bastioni di San Giovanni, partiva ogni mattina (e penso parta ancora oggi) un barcone che dopo circa mezz’ora di traversata approdava a Lokrum, un’isola disabitata, una riserva naturale conosciuta allora come “l’isola dell’amore” per la sua natura incontaminata che creava un’atmosfera magica e romantica, ma anche come “isola dei pavoni”, per il cospicuo numero di pennuti di questa specie che vi dimoravano.

Una mattina m’imbarcai anch’io su quel barcone che portava a Lokrum e, giunto a destinazione, seguendo un sentiero in direzione della spiaggia, la mia attenzione fu catturata da un cartello con una scritta che (ovviamente) non riuscii a decifrare. Incurante, proseguii sul mio cammino sino ad arrivare ad una baia per nudisti, la prima del genere che avessi mai veduto. Quegli individui che si aggiravano tra gli scogli facendo bella mostra delle loro nudità ed ostentando naturalezza, non mi fecero una buona impressione; a dire il vero la scena mi sembrò assimilabile a quella dei dannati di un girone dantesco. Mi convinsi che un minimo senso del pudore è forse una delle cose che dovrebbe contraddistinguere un generico animale da un altro tipo di animale che fonda nella ragione la sua differenza specifica. Non mi sembrò “naturale” vedere anziani signori sorseggiare tranquillamente un drink o leggere il giornale sotto il solleone, completamente nudi, al cospetto di decine di perfetti sconosciuti…anch’essi miseramente nudi.

Oggi, riflettendo sulla questione, ne traggo la conclusione che, a quel tempo, ero davvero troppo giovane, e la mia unica colpa forse era quella di essere ipercritico, intollerante e poco incline ad accettare ciò che ai miei occhi appariva solo come una forma di esibizionistica stravaganza. Ma questa è un’altra storia…

Tornando al viaggio in Croazia, dopo aver concluso la nostra esperienza a Dubrovnik, spinti dalla solita irrefrenabile voglia di superare sempre un nuovo limite, una nuova frontiera, decidemmo di rimetterci a bordo della vecchia auto con cui eravamo partiti, questa volta, in direzione Albania.

La nuova meta non era stata preventivamente pianificata e credevamo che il nostro passaporto fosse sufficiente per accedere nel cosiddetto “Paese delle Aquile”, una terra un po’ misteriosa di cui noi, giovani ventenni, non conoscevamo nulla, o quasi.

In Albania, in quegli anni, vi era una dura dittatura comunista di stampo stalinista, al “check-point” in ingresso le guardie si fecero un baffo del nostro passaporto italiano, tuttavia, forse incuriositi, ci chiesero, in un inglese improbabile, per quale ragione volessimo entrare nel loro Paese, e quando noi rispondemmo forse un po’ ingenuamente “per turismo”, scoppiarono in una fragorosa risata: ci ordinarono di ingranare rapidamente la retro-marcia e ci urlarono in faccia che dalle loro parti non esisteva la parola “turismo”.

Quella volta avevo mancato il bersaglio, non avevo conquistato l’ennesima meta ma ero felice lo stesso: nella vita, di cui il viaggio è sempre una rappresentazione allegorica, spesso la cosa importante non è centrare l’obiettivo, ma avere il coraggio di provare a centrarlo. Anche quella era stata una lezione di vita!

2 pensieri riguardo “Croazia

  1. L’anno scorso siamo andati al Dubrovnik per alcuni giorno. Siamo rimasti all’interno delle mura della città.Una città bellissima, è difficile a credere che negli ultimi tempi era stato così gravemente danneggiato!. A volte può essere molto affollato con l’arrivo delle navi da crociera, ma non tutti sulle navi hanno la resistenza per camminare intorno alle mura!. A pochi passi dalla piazza principale e la folla scompare. Come tu, siamo andati a Lokrum (non a la spiaggia per nudisti), Certo un isola molto tranquillo, Non ho mai visto così tanti pavoni vagare liberamente intorno. Giovanni, forse è la volta per te di visitare di nuovo con una testa più vecchia sulle spalle. 🙂 Anche se questo articolo è stato scritto dalla memoria la tua capacità di creare un’immagine meravigliosa. La prossima settimana creerò i miei ricordi a Bologna ed Emilia Romagna.

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    1. Grazie Lynne,
      Sì… mi piacerebbe, presto o tardi, ritornare in quei luoghi da me visitati così tanto tempo fa!
      Sono contento che anche tu abbia deciso di mettere per iscritto i tuoi personali ricordi legati alla tua esperienza di viaggio in Italia: sono certo che farai un buon lavoro.
      Ciao e buona giornata 🙂

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