La città del peccato

Un viaggio in Messico apre le porte ad una terra dal fascino incredibile, che trasmette una spensierata leggerezza e regala sensazioni uniche. In una vacanza in Messico bellezza e mistero creano le coordinate ideali di un paesaggio dalle tinte forti, pronto ad offrirsi alla curiosità del visitatore e a conquistarlo con la magia delle sue suggestioni e dei suoi contrasti.

Dal deserto alle foreste tropicali, dalle lunghe spiagge alle alte catene montuose, dai vulcani alle maestose barriere coralline del Mar dei Caraibi, ogni cosa è permeata da un’atmosfera speciale che pare voler custodire i segreti delle antiche civiltà Maya e Azteca, e che rende il Messico un luogo tutto da scoprire.

Archeologia e storia, natura e relax, artigianato, curiosità e cultura, e per finire la cucina, tra le più ricche e saporite al mondo: tutto questo è il Messico.

Ma al di là delle illustrazioni colorate e degli slogan coniati ad arte dall’industria del turismo di massa, vi è anche un’altra faccia del Messico di cui mi accingo a raccontare in questo articolo.

A tal fine, farò leva sui ricordi personali di un viaggio che, in un afoso pomeriggio d’estate di parecchi anni fa, mi portò casualmente a calpestare il suolo di Tijuana, una polverosa città messicana definita durante gli anni del proibizionismo “città del peccato” e che, a tutt’oggi, detiene il poco lusinghiero primato fra le città più pericolose e violente al mondo, nelle speciali classifiche di riferimento che annualmente vengono stilate dalle organizzazioni internazionali per la Sicurezza Pubblica.

Mi trovo in quel di San Diego, l’ultima città degli Stati Uniti, nella bassa California, quasi al confine con il Messico. San Diego è una città vivace, dinamica, energetica. Passeggio sul lungomare e la mia attenzione è attratta da scene di vita quotidiana: ragazze che fanno jogging, aitanti giovanotti che si lustrano i muscoli con esercizi ginnici, coppie di genitori a passeggio con i propri figlioletti, persone di ogni età che si rilassano semplicemente in riva al mare sorseggiando un cocktail o leggendo un buon libro, gruppetti rock che si esibiscono in concertini più o meno improvvisati.

Ad un tratto mi balena un’idea per la mente: perché non provare ad attraversare il mitico confine e mettere piede in Messico? Appena il tempo di ragionarci sopra qualche minuto e mi ritrovo a bordo di un pullman di linea che con soli cinque dollari, dopo un brevissimo tragitto, mi scarica nei pressi della frontiera di San Ysidro, porta d’accesso per il Messico, ancora in territorio statunitense, ma ad un paio di centinaia di metri dal centro di Tijuana.

Da lì bisogna proseguire a piedi. Una breve camminata sotto il solleone ed arrivo al check point americano. Ci sono un paio di poliziotti, ma nessuno di loro mi dice nulla e nessuno mi controlla i documenti; anzi, con ampi gesti, mi invitano a sgomberare rapidamente il campo.

Percorro un lungo corridoio che mi conduce ad una grande porta girevole di metallo, attraversata la quale, mi ritrovo all’improvviso dinanzi al check point messicano.

Sul versante messicano, un militare in uniforme mi porge svogliatamente un paio di domande generiche sul perché mi stia recando in Messico e per quanto tempo abbia intenzione di rimanere. La mia risposta è altrettanto generica: vengo per “turismo” e rimango solo “mezza giornata”. Il militare non mi guarda neppure in faccia, appone il timbro sul mio passaporto, abbozza una smorfia, forse una specie di sorriso, ed aggiunge con voce sonnecchiosa “Bienvenido in Mexico!”

Tijuana non è una città semplice: è una città poverissima dove, dicono le statistiche, persino i bambini hanno alte probabilità di perdersi per strada, nell’illegalità o nel traffico della droga.

In molti la definiscono come la città più pericolosa del Pianeta; non so quanto questo sia vero, ma ciò che mi appare evidente sin da subito è di essere finito nel “lato sbagliato” del mondo, in uno di quei luoghi di emarginazione sociale dove, senza alcun dubbio, l’aria che si respira è decisamente “pesante”.

Lungo tutta la strada che si percorre a passo d’uomo, s’incontrano decine di disperati che chiedono l’elemosina: c’è chi mi vuole vendere dei ricordi del Messico, chi statue della Madonna o tartarughe giganti in porcellana, scorgo improvvisati giocolieri che fanno rotolare sopra la loro testa quattro o cinque birilli alla volta, ed alcuni di loro sono in coppia, l’uno sopra le spalle dell’altro. Poi ci sono le carrette con cibo, bevande alcoliche e altri prodotti non ben precisati.

Tijuana, la città dove tutti hanno paura di tutti, perché tutti sembrano ladri o borseggiatori. Tijuana, la città dove le due cose che mi sento dire più spesso sono “Taxi, guy?” e “Do you want drugs?”. Tijuana, la città mitizzata da libri e film americani di un’intera generazione.

Tijuana, per molti… nient’altro che un posto dove comperare stupefacenti: a Tijuana, infatti, non serve andare a cercare la droga, sono gli stessi spacciatori che appena vedono che sei uno straniero, ti si affiancano per vendertela o, in alternativa, ti propongono donne a pagamento e molto altro…

Il cantatutore e chitarrista Manu Chao qualche anno fa cantava “Bienvenida a Tijuana: tequila, sexo y marijuana”; bastano forse queste tre sole parole per spiegare Tijuana, città simbolo della perdizione.

Non è difficile percepire la totale mancanza di controllo del territorio, nonostante la presenza fisica della polizia per le strade della città.

Vi sono gendarmi armati di coltello impegnati a tagliare le gomme di auto parcheggiate in divieto di sosta, ma, paradossalmente, non sembrano particolarmente interessati a criminali e venditori di morte che si aggirano indisturbati per le vie del centro città.

Le strade sono polverose, le case fatiscenti. Mi trovo a riflettere su quanto la geografia politica possa aver influito sul destino di quella gente: se la linea di confine fosse stata spostata di una decina di chilometri, forse oggi Tijuana sarebbe un’elegante città statunitense, alla stessa stregua della vicina San Diego… e invece la storia è andata diversamente!

Dopo una “full-immersion” durata lo spazio di quel pomeriggio d’estate, ritorno sui miei passi in direzione della frontiera statunitense e, sulla strada, mi accorgo di un grande cartellone in cui si ringraziano i visitatori a cui si augura di poter ritornare presto a Tijuana. Mi scappa un sorriso e scatto una foto…

Alla barriera americana, questa volta, c’è un’ora e mezza di coda: i controlli certosini delle zelanti guardie americane (quelle stesse che all’andata non controllavano neppure i documenti), creano un fastidioso rallentamento. Vengo perquisito ed interrogato per circa dieci minuti all’Ufficio di Frontiera e mi viene richiesto di mostrare non solo il Passaporto, ma anche il Visto d’Ingresso. “That’s all right, thanks a lot” mi dice un giovane agente dopo aver verificato che tutto è in regola.

A poca distanza c’è il capolinea del pullman che mi riporterà a San Diego. Questo è solo uno spaccato di Messico: per una visione più ampia ed esaustiva di uno dei Paesi più belli al mondo l’appuntamento è rinviato… alla prossima occasione!

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28 pensieri riguardo “La città del peccato

  1. Tra i siti per cui ricordare il Messico c’è “Guadalupe” sulla collina di Tapeyac a nord della Città del Messico ove nel 1531, sparsasi la voce dell’immagine della Vergine sul mantello di uno dei primi aztechi convertitosi al cristianesimo, per mesi vi affluirono le popolazioni locali, accelerando la loro conversione, sottraendole così dalla feroce persecuzione dell’inquisizione, che così ebbe, fortunatamente, termine.

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    1. Ti ringrazio molto per il tuo interessante contributo.
      A presto 👋

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  2. Che meraviglioso reportage , ciao Giovanni

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    1. Grazie per il complimento Massi: detto da un grande ed esperto viaggiatore come te mi lusinga parecchio.

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      1. Troppo gentile Giovanni troppo gentile

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      2. No, affatto! E’ solo ciò che penso 🙂

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  3. Hai colto nel segno, purtroppo è sempre la geopolitica a condizionare il destino della gente.

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  4. Bello rileggere un tuo post e fantastico come sempre 😉

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    1. Ciao Simona,
      É bello ritrovarti qui a commentare uno dei miei post…
      Grazie e buon weekend

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      1. La prossima meta?

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      2. Il mio sogno rimane la Patagonia, attraversando le terre di confine tra Cile ed Argentina. Avevo già cominciato a pianificare qualcosa, ma l’arrivo della pandemia mi ha obbligato a desistere. Chissà, se è destino che vada, magari presto o tardi realizzerò il progetto… 🙂

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  5. Ciao Giovanni, Come sempre hai scritto un articolo bellissimo e stimolante che crea un’immagine molto dettagliata di Tijuana. Ho trovato il tuo commento “se la linea di confine fosse stata spostata di una decina di chilometri …” molto toccante. Una distanza così breve ma una differenza enorme. Quante persone nel mondo hanno detto qualcosa di simile?
    Spero che un giorno sarai in grado di tornare in Messico per esplorare il fascino di questo diverso paese. Non vedo l’ora di leggere il tuo articolo a riguardo.

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    1. Grazie Lynne, sei sempre molto gentile e generosa con me nei tuoi commenti: la tua puntuale presenza nel mio blog mi è davvero particolarmente gradita.
      Un caro saluto a te ed alla tua bella Inghilterra dove spero poter ritornare presto 🙂

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      1. E spero anche di tornare presto nel Bel Paese

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  6. While reading this, translator went wrong and could not finish reading. And the translator wouldn’t show up again.

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    1. Thanks all the same: I appreciate the effort 😉

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  7. Che avventura! Che bello poter vedere così tante cose 🤗

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    1. Mi fa sempre molto piacere ritrovarti sul mio blog!
      Ciao Maida, e in bocca al lupo per il tuo ultimo libro che hai appena pubblicato 🤞😘

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      1. Ora che ho più tempo ripasso. W il lupo sempre 🍀

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  8. Post semplicemente meraviglioso.

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      1. Grazie a te per la risposta! 🙂

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  9. Un consiglio su dove ambientare il prossimo romanzo?

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      1. Troppo difficile 😅

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  10. Un viaggio che vorrei tanto fare ma credo in un’altra vita. Quanti bei posti hai visitato !!

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    1. Grazie Bea, anche tu hai visitato dei luoghi molto interessanti che riesci a descrivere magicamente nei tuoi racconti di viaggio.
      Un saluto!

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