Rom: un popolo da sempre in viaggio

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In un blog come questo, in cui ci si propone di approfondire la riflessione sul tema del viaggio e sul suo significato allegorico, credo sia doveroso soffermarsi sulla storia del popolo Rom, che ha fatto del nomadismo, del viaggio itinerante, una filosofia di vita.

In questo articolo cercherò di sgombrare il campo dai luoghi comuni, provando a rispondere ad alcune domande basilari: Come mai c’è questo odio nei confronti dei Rom? Come vivono? Da dove vengono? Dove vanno?

Ci sono numerose leggende, maldicenze e luoghi comuni che circondano i Rom: agli occhi di molte persone essi rappresentano un enigma di difficile risoluzione, un mistero, o, addirittura, un’inquietudine.

Spesso si pensa che i Rom provengano dalla Romania, ma in realtà, la maggior parte di loro ha origini in una regione che si trova tra l’India e il Pakistan, ammesso che provengano tutti da un unico luogo: le etnie zingare sono, infatti, tantissime, e l’equivoco linguistico nasce dal fatto che la parola “rom”, con cui sono spesso definiti, richiama alla mente la “Romania” mentre, in realtà, tale parola deriva semplicemente da un termine sanscrito che significa “uomo libero”.

Quindi, proprio per definizione, i Rom sono uomini liberi, non appartengono ad un luogo specifico, non sono intrappolati all’interno di uno spazio delimitato, ma si spostano liberamente per le strade del mondo. Le cause di questi spostamenti di massa rimangono fondamentalmente ignote, anche perché, le testimonianze su questo popolo si trasmettono per via orale ed è dunque molto facile che la realtà dei fatti diventi leggenda, o peggio ancora, pura finzione.

Appare certo che, ad un certo momento, durante queste continue peregrinazioni, una frangia numerosa di essi, ancora una volta per ragioni non del tutto chiare, si trasferì definitivamente nei Balcani, ponendo fine a quella caratteristica di “nomadismo” che sino a quel momento li aveva contraddistinti. Nei Balcani, gli zingari cominciarono a praticare mestieri che ancora oggi praticano: fabbri, maniscalchi, ferrai, esperti nella lavorazione del metallo, ma divennero anche musicisti, come in Ungheria, dove entrarono letteralmente a far parte del folclore locale.

Durante un mio viaggio in Ungheria, per la precisione a Budapest, ricordo che mi sorprese non poco una così alta concentrazione di gitani, rispetto agli standard a cui siamo abituati in Italia. Eppure, contrariamente a ciò che, purtroppo, accade spesso nel nostro Paese, nessuno di loro, elemosinava per strada. Tutti, nel bene o nel male, svolgevano un lavoro: chi spazzava le strade, chi vendeva negli appositi stand oggetti d’artigianato, chi suonava il violino nei ristoranti tipici; ripeto, nessuno chiedeva la carità. Persino i bambini per strada, allietavano i passanti con spettacoli estemporanei, spesso cimentandosi nell’arte della musica. A volte le dinamiche politiche incidono anche sulle caratteristiche comportamentali dei popoli…

In Europa, la convivenza con gli zingari non sempre è stata pacifica, anzi, direi che, spesso, è stata una “convivenza” mal tollerata. Gli Europei, infatti, nel corso della storia ed a più riprese, hanno manifestato atteggiamenti discriminatori nei confronti dei Rom, giustificando, talvolta in modo pretestuoso (ma non sempre), i propri pregiudizi ed adducendo, a tal fine, le più disparate cause: l’abbigliamento bizzarro, la lingua incomprensibile, il loro vivere di elemosina, di pratiche di chiaroveggenza o di furti, persino la sporcizia.

A Milano, ad esempio, in piena età rinascimentale, fu emanato un decreto di espulsione nei confronti degli zingari, con l’accusa di aver portato la peste in città.

La verità è che l’ostilità, il ripudio, ed in taluni casi, l’odio nei confronti di questa popolazione hanno radici lontane e non sempre del tutto giustificate se non nella misura in cui, il diverso da noi, in quanto tale, disturba il nostro equilibrio, mette in discussione i nostri punti di riferimento ed in qualche caso, provoca, volontariamente o meno, la bestia che sonnecchia latente in ognuno di noi.

Detto questo, non ho nessuna intenzione di fornire ad ogni costo una descrizione romantica e romanzata degli zingari: non voglio negare che il processo di integrazione, talvolta, si rivela complesso, anche per la totale incapacità di adattamento, da parte di alcuni di loro, alle più elementari regole sociali, non voglio negare che alcuni loro atteggiamenti possano essere considerati discutibili e, talvolta, deprecabili, né che alcuni rom possano essere, persino, socialmente pericolosi. Il punto è che non si può mai trarre una regola generale partendo da episodi contingenti, un procedimento induttivo di tal genere, risulterebbe pretestuoso: non si deve mai generalizzare, altrimenti si scivola nei banali luoghi comuni.

E’ evidente che nelle comunità rom, ma non solo, anche nei quartieri degradati e periferici di qualunque città e di qualunque paese, a prescindere dalle componenti etniche in essi presenti, vi siano, in percentuale, maggiori malesseri e, quindi, maggiori problemi, rispetto a quelli riscontrabili nelle aree più ricche e tra le fasce di popolazione più agiate. Ciò non ci autorizza ad abbandonarci a semplicistiche analisi pseudo-antropologiche che rappresentano, molto spesso, il primo passo verso l’intolleranza ed il razzismo.

Ed a proposito della bestia che sonnecchia in noi, di cui parlavo sopra, considerando lo storico odio nei confronti degli zingari, ad un certo punto della storia apparve inevitabile, direi fisiologico, che essi finissero nel mirino dei nazisti. Circa 500 mila morirono nei campi di sterminio.

Eppure, incredibilmente, quando si parla dell’Olocausto, inteso come il più esecrabile crimine mai commesso contro il genere umano, si pensa sempre e solo al martirio subito dal popolo ebraico, trascurando il fatto che lo stesso trattamento fu riservato anche agli zingari. E non può essere, semplicisticamente, una questione di numeri perché, se è vero che, ovviamente, gli ebrei in valore assoluto versarono il tributo più grande tra tutti i perseguitati, è pur vero, comunque, che su 15 milioni di vittime innocenti della furia omicida dei nazisti, circa 10 milioni di persone non erano ebrei, ma appartenevano alle più disparate categorie ritenute, a vario titolo, “indesiderabili” e, tra queste, oltre ad oppositori politici, malati di mente, omosessuali, portatori di handicap, neri, testimoni di geova, naturalmente, anche gli zingari, che pagarono, in valore relativo, il prezzo più alto di tutti.

Passando dalla storia all’attualità, sembra che, negli ultimi decenni, la caratteristica distintiva dei gitani e cioè quella della propensione al viaggio, si sia, gradualmente, affievolita, ed è sempre più facile trovare tra i Rom comunità stanziali.

In un recente articolo apparso su un quotidiano nazionale, si diceva, tra le altre cose, che circa l’80 per cento degli zingari che vivono nel nostro Paese non sono più, tecnicamente, “nomadi” e, a riprova di ciò, la stragrande maggioranza di loro hanno anche la cittadinanza italiana.

Il processo di integrazione, al di là del conferimento della nazionalità, chiaramente, è ben lungi dall’essere raggiunto, tuttavia, non è possibile escludere (e, direi, sarebbe anche auspicabile) che nei prossimi decenni, si possano fare, in tal senso, dei passi avanti determinanti, con la collaborazione e la buona volontà di tutte le parti in causa, ivi comprese le istituzioni, il cui ruolo, in questo senso, appare indispensabile e decisivo. Confinarli all’interno di “campi”, nelle periferie più degradate delle città, non contribuisce, di certo, a dissipare la diffidenza ed il sospetto reciproco, né, ovviamente, a favorire l’integrazione.

Forse, in questo caso, la religione potrebbe venirci in soccorso, per farceli apparire un po’ meno “diversi” da noi, per dissipare le ombre della diffidenza reciproca. Per chi non lo sapesse, infatti, le popolazioni zingare tendono ad adottare la religione del luogo in cui vivono e, pertanto, ad esempio, più del 70 per cento degli zingari italiani professano la religione cristiana e sono cattolici.

Onestamente anch’io, fino a qualche tempo fa, non ero a conoscenza della religione professata dai Rom, non mi ero neppure posto il problema, ma non avevo mai pensato, neanche per un attimo, che noi italiani condividessimo con loro la dottrina religiosa. Ipotizzavo che fossero atei, agnostici, musulmani, animisti o che, addirittura, venerassero idoli, ma escludevo che potessero essere cattolici. E questa mia ipotesi non era frutto di un pregiudizio razziale, era piuttosto la conseguenza di un pregiudizio culturale, poiché pensavo, semplicisticamente, che i Rom, essendo così profondamente diversi (ripeto, senza esprimere giudizi di valore), non potevano condividere alcunché con noi, a cominciare dalla religione.

Fu a Saintes Marie de la Mer, un delizioso paesino sito a poca distanza dal parco naturale della Camargue, che presi atto di quella verità, che fece crollare d’un colpo tutte le mie ipotesi pregiudiziali, rompendo gli argini dei miei limiti culturali.

Durante la visita di quella pittoresca cittadina, mi ritrovai all’interno della bianchissima cattedrale cattolica, nella cui cripta sono custodite le sacre reliquie di Santa Sara la Nera, che, come mi spiegò, con estrema cortesia, un ragazzo rom che prestava il suo servizio nella chiesa, è considerata la protettrice di tutti gli zingari e i nomadi del mondo.

Il ragazzo mi disse anche che ogni anno, nel mese di maggio, si perpetua da secoli un rituale in onore della Santa: gitani da ogni angolo del mondo si radunano festosi in quel luogo per venerare la loro patrona.

Fu un racconto interessante che mi aiutò a capire meglio quella cultura ed a mettere da parte un po’ di pregiudizi nei confronti degli zingari, pregiudizi che, forse senza esserne pienamente consapevole, mi portavo appresso sin dalla mia giovinezza.

Ancora una volta, viaggiando, visitando un luogo nuovo, fermandomi ad ascoltare qualcuno che avesse qualcosa da raccontare, ho avuto l’opportunità di comprendere meglio le cose ed accrescere il mio bagaglio di conoscenze.

E’ proprio vero ciò che dice lo scrittore cileno Luis Sepùlveda: “viaggiare è camminare verso l’orizzonte, incontrare l’altro, ascoltare, conoscere, scoprire, ed infine tornare più ricchi di quando si era partiti”.

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28 pensieri riguardo “Rom: un popolo da sempre in viaggio

  1. Un post molto esauriente e spiegato alla perfezione, complementi Giovanni, è un piacere leggerti 🙂

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    1. Grazie Simona,
      è un piacere da parte mia sapere che persone di grande sensibilità come te, leggano ed apprezzino ciò che scrivo.
      Un abbraccio 🙂

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      1. Ti apprezzo.. buona domenica Giovanni

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  2. Sono molto d’accordo con quello che dici nel tuo articolo. Ho girato per motivi di studio e di lavoro in mezza Europa ed ho notato che in altri Paesi (Germania, Spagna e Portogallo) la percezione che hanno degli zingari è abbastanza diversa rispetto a quella che hanno gli Italiani: magari anche lì non gli stanno particolarmente simpatici, però c’è un senso di maggiore comprensione e rispetto nei loro confronti. Qui da noi invece molta gente li tratta come se fossero esseri inferiori e questo atteggiamento può essere definito con una sola parola: razzismo!

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    1. Mi dispiace riconoscerlo, ma l’ho notato anch’io…

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  3. Interessante punto di vista fuori dal coro

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    1. Ti ringrazio per essere passata dal mio blog ed aver lasciato il segno!

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  4. Che sciagura se non ci fossero i “diversi”: cosa che esistono in abbondanza, per fortuna, all’interno di uno qualsiasi dei tanti “diversi” gruppi etnici. Così che il conflitto col “diverso” è sempre attuale: quando si ritiene essere etnicamente o socialmente depositari di diritti nei confronti del “diverso”. Uhm, questione vecchia quanto il mondo.

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    1. Eh già! Che mondo noioso se tutti fossimo uguali gli uni agli altri…
      Io credo fermamente che dal confronto con chi è diverso da noi (cogliendo il valore delle differenze), si creino le condizioni per uno scambio fecondo ed una reciproca crescita morale e culturale.

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  5. Dove io divenni adulta, già 3/4 di secolo fa, tra i miei coetanei c’era il biondo (u biunnu) e il nero (u niuru) figli delle occupazioni guerresche. Due etichette di diversi. Le donne, poi, erano etichettate “sgualdrine” se andavano in bicicletta e non ci andavano. Si era una piccola comunità ciascuno etichettato con la sua “diversità”; chi è che non l’ha?: tutti diversi gli uni con gli altri; mal comune “nessun” guaio, verrebbe da dire. Ma i due in “colori” ebbero un’adolescenza rinfacciata, da non invidiare, e la prima donna automobilista se ne andò via: per il paese era irrimediabilmente sgualdrina “insaziabile”.

    Gli zingari, allora, erano attesi. Facevano lavori stagionali a costi bassi e conveniva far riparare a loro molti oggetti di casa, che altrimenti erano da buttare, e rigeneravano i materassi, cardando la lana. In paese si produceva ancora cotone autarchico, che i vecchi filavano e poi gli zingari tessevano belle coperte e robuste lenzuola con i loro semplici telai a mano. Ed era anche come se ci fosse il circo, per la costante vivacità del loro accampamento.

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    1. Per fortuna da allora sono stati fatti dei passi avanti, ma c’è ancora tanta strada da percorrere prima di giungere ad un definitivo risveglio delle coscienze…

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  6. Come sempre Giovanni un articolo molto interessante e stimolante. I pregiudizi vieni dalla paura ed ignoranza di cosa è diverso. Ma sicuramente le nostre differenze sono ciò che ci rende interessanti.

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    1. Ben detto Lynne… e complimenti per i progressi che stai facendo nello studio della lingua italiana.
      Have a nice weekend 🙂

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  7. Un bellissimo scritto , una bella presa di posizione su un argomento che spesso in viene approfondito

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    1. Ti ringrazio Massi e condivido ciò che dici: forse questo tema non viene a sufficienza approfondito (soprattutto dai Media), perché considerato “scomodo”. Il bello dei blog ( e tu in questo sei da esempio) è che ci consentono di poter dire tutto ciò che si pensa, in maniera libera e senza condizionamenti di sorta. Grazie e buona giornata

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      1. nel nostro paese in troppi si fermano al titolo , peccato potremmo essere un paese meraviglioso , invece ….

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  8. Un articolo chiaro e diretto che serve a sgombrare il campo dagli equivoci e dalle maldicenze. Complimenti a Giovanni perché ha affrontato l’argomento con coraggio. Oggi è più facile sparare nel mucchio piuttosto che dire la verità, specie quando questa è impopolare

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    1. Grazie Dori. Le tue parole mi fanno molto piacere.

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  9. A me i zingari non mi piacciono e dopoche ho letto il tuo articolo mi piacciono ancora di meno

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    1. Ok, non c’è problema. Gli zingari non ti stanno simpatici e ne prendo atto. D’altronde, credo che ognuno abbia il diritto di esprimere liberamente la propria opinione.
      Tuttavia, detto fra noi… non so perché, ma ho la vaga sensazione che neanche tu piaccia molto al popolo dei Rom 🙂

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  10. Lei ha un bellissimo style che purtroppo non posso leggere piu’ di un pezzo non molto lungo perche’ ho un problema di concentazione. Molti pensieri …

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    1. Ti ringrazio molto per il tuo apprezzamento che mi giunge particolarmente gradito anche nella considerazione che, non essendo l’italiano la tua lingua madre, ai fini di una piena comprensione del testo ti occorra uno sforzo supplementare.
      Bless you!

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  11. Hai delle belle idee Giovanni e le sai esprimere con maestria. All’inizio si era in pochi ad avere il coraggio di sostenere certe tesi, adesso, pian piano, stiamo uscendo allo scoperto e siamo in tanti. Alla fine son certo che l’onda delle nostre idee travolgerà bigotti, conservatori, razzisti e qualunquisti.
    A proposito di razzisti, volevo dire a quel tuo lettore (Renato) a cui pare non piacciano “i zingari”: oh grullo! mi sa tanto che non ti piace neppure la grammatica, visto che in due sole righe di commento hai fatto tre errori grossolani… Torna a scuola anziché blaterare!

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  12. i love the way you travel! like i do! meeting the local people, feeling the country through the people. your blog offers much information and inspiration to follow my dream of travelling. i will be in Europe sometime this year and now will look at your blog for interesting stories!! wonderful work!

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  13. Ciao Gina,
    Thanks a lot for your compliments! I’m happy to know you are interested in my blog and really honoured if you take some inspiration for your travel in Europe. It means a lot to me…
    Let me know if you come to Italy 🙂

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  14. A me i Rom hanno rotto un po’ le balle, però riconosco che dici cose giuste!

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    1. A me, invece, non piacciono molto le generalizzazioni

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