Il turismo religioso

In questo articolo mi accingo ad esaminare il fenomeno del turismo religioso che, in questi ultimi decenni, ha assunto un non indifferente potere economico e sociale.

Il turista religioso, il cui obiettivo di viaggio è la visita dei luoghi religiosi (come chiese, conventi, santuari, abbazie…), è, in linea generale, un turista animato da fede: utilizza spesso il circuito dell’intermediazione (tour operator ed agenzie di viaggi), parte in gruppo, e la motivazione religiosa, che fa certamente da base alla sua scelta di mettersi in viaggio, spesso si interfaccia ad esigenze anche culturali, ludiche e ricreative.

Una variante del turista religioso classico è rappresentata dal turista religioso ateo, ovvero del turista religioso che, in realtà, non ha una fede, non è devoto, ma, nonostante ciò, è interessato, comunque, ai siti religiosi, per ciò che essi rappresentano su un piano artistico e culturale.

In barba alla crisi, pare che questa nuova frontiera del turismo religioso sia in forte espansione, ed è evidente che dietro la sincera devozione di una grande moltitudine di fedeli, in questo campo, sacro e profano si intreccino, ed il rischio del business sia inevitabile. L’industria religiosa, infatti, mescola fede e affari, miracoli (presunti o accertati) e turismo, spiritualità e fascino del sovrannaturale, speranze e miraggi.

A tutto questo, bisogna aggiungere l’indotto: spesso, intorno ai luoghi considerati sacri, intere popolazioni di agricoltori o di pescatori possono rapidamente riciclarsi, inseguendo le nuove strategie di mercato trasformandosi, dall’oggi al domani, in benestanti albergatori, ristoratori, tassisti, guide, artigiani dei santini e delle statuine, venditori di chincaglierie e souvenir.

L’atteggiamento ufficiale della Chiesa, di fronte a un fenomeno così complesso e così popolare, è sempre stato ispirato, a mio giudizio giustamente, ad una notevole dose di prudenza, anche se, industria a parte, è difficile rimanere del tutto ostili ad un universo che ormai, piaccia o non piaccia, è parte integrante della fede, persino quando questa scivola sul piano inclinato della credenza e del folclore.

Per fare un po’ di chiarezza, mi sembrano illuminanti le parole pronunciate da Papa Francesco, in una recente intervista sul tema dei miracoli: “Provo un’immediata diffidenza davanti a casi di guarigioni, visioni e rivelazioni miracolose. Sono tutte cose che mi mettono sulla difensiva. Dio non è un corriere espresso che manda messaggi in continuazione”.

Sono parole forti su cui credo occorrerebbe riflettere…

Mi sembra opportuno sottolineare che esperienza ben diversa, rispetto al viaggio turistico-religioso, è quella del pellegrinaggio. Oggi, molto spesso, si tende ad usare i termini “pellegrinaggio” e “turismo religioso” come sinonimi, mentre, a mio giudizio, i due concetti andrebbero disgiunti.

Il pellegrino, in concreto, non è un turista, ma è un viaggiatore dell’animo: il suo obiettivo, infatti, a prescindere dalla meta (che è, ovviamente, una meta spirituale) è il cammino individuale, inteso come ricerca interiore o, se si preferisce, come ricerca di Dio.

Ancora una volta utilizzo le parole di Papa Francesco per spiegare in modo sublime in che cosa consista, nella più intima essenza, l’esperienza del pellegrinaggio: “La vita è un pellegrinaggio e l’uomo è un umile pellegrino che compie la strada sino alla meta agognata. Il pellegrinaggio è, dunque, un’esperienza di misericordia, di condivisione e di solidarietà con chi fa la stessa strada, come pure di accoglienza e di generosità da parte di chi ospita ed assiste i pellegrini”.

La definizione data da Papa Francesco è, ancora una volta, chiara ed esaustiva.

Mi permetto di aggiungere che, a mio giudizio, il pellegrinaggio rappresenta, anche alla luce di quanto sin qui asserito, una vera e propria “metafora della vita”, un’esperienza che definirei “sociologicamente” complessa, che ha inizio nella mente di un uomo, certamente prima della reale fruizione del viaggio, e procede oltre, concludendosi nel suo cuore.

Il pellegrino, infatti, cerca e trova, nell’esperienza del viaggio, qualcosa di radicalmente “altro” dalla vita quotidiana che egli conduce. Ed il più delle volte, si tratta di un’esperienza che lo trasforma radicalmente, grazie ad un processo di “rinnovamento”, oserei dire di “rinascita” che chiama in causa una nuova forza vitale ed una nuova spiritualità.

Il pellegrino, è, quindi, “per natura” un cercatore, sia quando cerca consapevolmente Dio, sia quando non sa di cercarlo, perché, in ogni caso, ciò che cerca è “il senso delle vita” che in Dio trova la sua più alta spiegazione metafisica.

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13 pensieri riguardo “Il turismo religioso

  1. Sono un giovane sacerdote e ho letto l’articolo con interesse. Il tema è delicato ma Augello lo tratta con equilibrio e senso di responsabilità

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    1. La ringrazio per il suo commento che mi giunge particolarmente gradito.

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  2. Devo anch’io fare i complimenti all’ autore per lo sforzo di comprendere un fenomeno così complesso. Tuttavia noto che manca il punto di vista di un credente, sarebbe interessante chiedergli qual’ è la motivazione che lo porta più volte nella vita in luoghi come Lourdes o Mejugorje? Come è cambiata la sua vita da quella prima volta in cui fece quell’esperienza spirituale?
    Inoltre la figura del turista religioso “ateo” che va per motivazioni artistico-culturali è sicuramente minoritario e non riguarda le grandi mete come Fatima , Lourdes o Mejugorje (pressoché prive di attrazioni artistiche).
    Ricordo, solo per completezza d’informazione, che le prime due sono state ufficialmente riconosciute dalla Chiesa, mentre sulla terza, l’organo ufficiale non può ancora esprimersi perché il fenomeno delle apparizioni è ancora in corso.

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    1. Ringrazio anche Mario per le sue condivisibili puntualizzazioni.

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  3. Eccellente articolo in cui l’autore esprime molto chiaramente la sua posizione, riuscendo a prendere le distanze sia dal fanatismo mistico che dal materialismo esasperato, senza mai scivolare nel facile qualunquismo. Complimenti.

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  4. Grazie Alberto, hai centrato il punto!
    In un mondo in cui si tende sempre più spesso a difendere ad oltranza le proprie idee in modo intollerante, senza mai fare il benché minimo sforzo di riflettere neppure un istante sull’altrui punto di vista, volevo uscire fuori dal coro scrivendo un articolo su una tematica sensibile e delicata, cercando però di rimanere quanto più obiettivo possibile, analizzando il fenomeno del turismo religioso senza alcun pregiudizio di sorta. A giudicare dal tuo commento, sembra che io sia riuscito nell’intento che mi ero prefisso 🙂

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  5. Finalmente qualcuno che scrive con chiarezza e dice le cose come stanno

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    1. Ciao Marcello! Esprimo semplicemente il mio punto di vista. Naturalmente mi fa piacere che sia così largamente condiviso dalla maggior parte dei lettori.

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  6. Bell’articolo, che riesce in breve a centrare i punti salienti del fenomeno senza divagazioni o elucubrazioni superflue.
    Caro Mario, interessante l’idea di avere il punto di vista del credente, ma temo che ce ne sia uno x ciacuno di essi e che, comunque, sia difficile comunicare all’esterno, senza fuorviarlo, ciò che spesso si sente con il cuore

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    1. Ciao Giuseppe e grazie anche a te per essere passato dal mio blog ed averlo impreziosito con il tuo commento.
      Condivido pienamente il tuo pensiero: ci sono spesso quelle ragioni del cuore che, parafrasando Blaise Pascal, la ragione “raziocinativa” non riesce a comprendere né a spiegare.
      Un saluto e buona serata 🙂

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  7. Un post molto interessante (anche per il modo in cui viene trattato l’argomento), Tutto da condividere, non c’è nulla fuori posto.

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  8. Un sincero “Grazie” a Lucrezia per aver letto il mio articolo ed aver espresso un giudizio così lusinghiero.
    A presto

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  9. Sono completamente d’accordo con quello che dici in questo interessante articolo. Mi è piaciuto molto il tuo stile garbato ed imparziale. Ciao

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